Si dice che le vie per arrivare al Signore sono infinite. Ma non è detto che siano anche brevi. Il mio cammino verso Dio è iniziato trent’anni fa ed è passato per varie traversie, matrimonio compreso. Io dico spesso che sono nato con la tonaca nel Dna: poi, ho preso strade diverse, ho avuto curiosità, illusioni, convinzioni, sempre però con questo anelito che mi premeva nel petto in maniera continua, caparbia e insopprimibile.
Come il battito del cuore: magari non te ne accorgi e non l’ascolti, però non ti lascia mai. Rivado alla mia adolescenza, a Ferrara, la città dove sono nato: già al liceo avevo deciso che sarei diventato prete e, per farlo, ho voluto addirittura prendere la maturità un anno prima, trascorrendo poi quattro anni in un seminario diocesano. Ne sono uscito per una pausa di riflessione, proseguendo gli studi teologici da esterno e, in contemporanea, mi sono laureato in pedagogia all’Università Statale. È stato allora che in ambienti giovanili ciellini ho cominciato a frequentare la mia futura moglie pensando, forse, di coniugare l’amore di Dio con quello umano: anche se, in realtà, gli ardori della gioventù hanno probabilmente avuto la parte principale.
In ogni caso, dopo nemmeno un anno eravamo sposati e, dieci mesi più tardi, nel 1988, genitori della nostra prima figlia. Nel 1995 è arrivata la seconda. Il tempo è passato, io intanto avevo preso un’ altra laurea in filosofia, conseguito il dottorato in teologia e completato anche gli studi per diventare avvocato rotale, per lavorare cioè al tribunale ordinario della Santa Sede. Ogni giorno, però, continuavo a dover fare i conti con la mia voce interiore che chiedeva ascolto. Che mi chiedeva di consegnarmi a Dio. E più cercavo di metterla a tacere, più diventava assordante. In tutto ciò la Messa quotidiana, il breviario sul comodino, il rosario…
Finché è arrivato il momento in cui mi sono arreso, di comune accordo con quella che oggi è la mia ex moglie. Nel 2007 è arrivata la separazione, qualche mese fa la sentenza di dichiarazione di nullità del matrimonio da parte della Sacra Rota. Sono stati e sono anni difficili. Non tutti hanno capito. E anche a me è costato sangue e fatica capire chi fossi. Non sono più marito, ma sono ancora un padre: la mia figlia minore mi è sempre rimasta vicina, con la più grande l’incontro è un po’ più difficile. Resto un uomo, ma ora sono un uomo di Dio: ho abbracciato con gioia e senza rimpianti l’idea della castità anche se non indosso ancora la tonaca o un saio.
Ho un direttore spirituale con il quale stiamo valutando in quale ambito per me potrebbe essere più opportuno inserirmi nella Chiesa. Io mi sono messo a disposizione. Il mio grande sogno sarebbe quello di diventare un sacerdote eremita, lontano dalle comunità e dalla vita attiva. Già vivo in un posto isolato, con i miei amatissimi animali, cani, gatti e conigli, ascolto musica, dipingo con grande passione, mi dedico all’hobby della foto artistica e basto a me stesso. In casa ho imparato a fare tutto e di tutto: cucino, lavo, stiro, pulisco. Ci vogliamo ridere un po’ sopra? Potrei dire che sono diventato proprio un uomo da sposare.
Davide Venturini, 49 anni, Ferrara
(testimonianza raccolta da Paola Tiscornia)
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