Le vostre storie

Libera dalla scoliosi senza cicatrici

Le mie compagne ridono quando vedono che sul cellulare tengo le foto di un signore di cinquant’anni. Il fatto è che io considero Doctor George come il mio angelo custode, volato dall’America all’Italia per liberarmi dai miei maledettissimi bustini. Li ho portati per quasi quattro anni, mica qualche giorno. Una prigione.

Le mie compagne ridono quando vedono che sul cellulare tengo le foto di un signore di cinquant’anni. Il fatto è che io considero Doctor George come il mio angelo custode, volato dall’America all’Italia per liberarmi dai miei maledettissimi bustini. Li ho portati per quasi quattro anni, mica qualche giorno. Una prigione.

Chi non sa cosa significhi dovrebbe provare per un’ora. Il disagio, il prurito, le piaghe alle ascelle. Il dolore quando lo metti e il dolore se non lo metti. L’imbarazzo quando il corsetto alto ti spunta dalla T-shirt e tenti di mascherarlo con un foularino, che attira ancora di più gli sguardi. La sensazione di girare con una corazza addosso, quando non sei un guerriero Ninja ma una ragazzina in lotta contro la scoliosi idiopatica, una malattia che non ha una causa nota.

Gruppo San Donato

Nessuno della mia famiglia, fra l’altro, ha mai sofferto di problemi di postura. Che la mia schiena, invece, stesse diventando come la torre di Pisa se n’era accorto il mio papà, che è medico, quando avevo nove anni, nel 2006: eravamo in barca e, osservandomi, ha notato qualcosa che non andava nei miei fianchi.

Da allora, mi sembra di essere stata in un pellegrinaggio ininterrotto da specialisti in varie parti d’Italia, mentre bustini e corsetti di ogni foggia e misura hanno cominciato a popolare la mia vita, la mia camera e i miei pensieri: sono arrivata a portarli sino a 23 ore al giorno. Solo il tempo di fare una doccia e poi via, di nuovo chiusa là dentro.

Almeno fossero serviti a qualcosa… Nonostante tutto, in tre anni e mezzo sono passata dai 22 gradi di curvatura iniziale ai 65. E in più, mettiamoci anche la respirazione compromessa e i muscoli che si stavano atrofizzando.

Insomma, l’unica soluzione rimasta era un intervento, che però sapevamo complesso e dolorosissimo. Allora mia madre è sbottata: «Guarda, giuro che se esiste qualcuno in qualche angolo del mondo con un’idea migliore, io lo scoverò». Invece l’ho scovato io. Anzi, per l’esattezza mi ha trovata lui. È andata così. Stavo gironzolando su internet e sono finita dritta dritta nel sito di George Picetti III, che vive e lavora a Sacramento, in California, dove si parlava di un sistema mininvasivo ideato da lui per operare alcune forme di scoliosi per via endoscopica. Detto, fatto.

Ci siamo informate meglio, io e mia madre, poi gli abbiamo mandato tutta la mia documentazione. La mamma gli ha parlato tramite un’amica interprete. Per la verità, lui sostiene di parlare italiano perché i suoi nonni erano di Lucca, ma è una bugia. Se lo chiamerete, l’unica cosa che vi saprà dire è: «Ehi, ciao, come va?». Comunque, ha confermato non solo che avrebbe potuto operarmi, ma che lo avrebbe fatto in una clinica di Modena, nell’occasione di un suo viaggio di lavoro in Italia. Così, a ottobre scorso, iniziata da poco la terza media, ho salutato compagni e professori e sono andata a farmi raddrizzare la schiena.

L’operazione è durata sette ore e per lui credo sia stata difficile (per me tutto sommato molto meno, dormivo). Dopo soli tre giorni ero già in piedi e dopo sei stavo di nuovo a casa. Ora ho compiuto 14 anni e mi sento finalmente una ragazza come tutte le altre. Con due sicurezze: la schiena non mi fa più male e non porterò mai più un foularino in vita mia.

Lucrezia Campili, Terni, 14 anni
(testimonianza raccolta da Paola Tiscornia)
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