Esperienze appendicite. Questa storia parte dal bagno. La mia storia, intendo. Mi spiego meglio. Da diverso tempo, diciamo dal gennaio dello scorso anno, c’era qualche cosa che non funzionava in zona bagno. O meglio, per funzionare funzionava, però un po’ troppo e un po’ troppo spesso. E ogni volta, oltre tutto, mi venivano anche dei forti dolori.
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Pensavo fosse il solito mal di pancia
Dapprima non ci ho fatto molto caso, pensavo che fosse il solito mal di pancia di ogni bambino. Poi ho cominciato a parlarne con mia mamma. Che, per la verità, all’inizio non mi ha calcolato più di tanto: si sa come sono loro. Dai e dai, però, alla fine si è convinta e ha preso appuntamento, qui a Milano, con un dottore, Giampiero Campanelli (chiedigli un consulto), che è un amico di famiglia. Da quel che ho capito, dalla visita risultava un’infiammazione leggera dell’appendice. Niente operazione, potevo stare tranquillo.
Esperienze appendicite: dopo un po’ mi sono sentito meglio
Sotto i ferri ci sarei finito solo se il problema fosse peggiorato. Il che non era detto, anzi: in realtà, era molto più probabile che l’allarme rientrasse così com’era venuto. E infatti le cose sembravano essere indirizzate proprio in quel modo, perché i dolori alla pancia avevano poi allentato la presa, tanto da farmi dimenticare dell’intera faccenda. Continuavo la vita di sempre, fatta di scuola e soprattutto di sport, la mia grande passione: basket, nuoto e golf (io penso che se dovessi scegliere fra i tre mi si strapperebbe via il cuore).
Poi all’improvviso è tornato il mal di pancia
E arriviamo al 9 giugno 2010, data del colpo di scena. La sera, al teatro della scuola, il San Carlo di Milano, grande festa in onore della mia squadra di basket per il secondo posto al torneo Adriatica Cup di Pesaro. Ed eccomi sul palco per la premiazione, in mezzo al mister e ai miei compagni, tutti abbracciati, felici, festeggiati e festeggianti. Tutti, tranne me. Perché proprio sul palco, mentre mi preparavo a ricevere la mia (meritata) dose di applausi, a tradimento mi sono arrivate delle fitte alla pancia talmente violente che mi hanno quasi piegato in due.
Sembra incredibile: uno dei momenti più belli della mia vita, e io che dentro urlo dal dolore. Però ce l’ho fatta: ho resistito sino alla fine, poi, non ricordo nemmeno bene come, sono riuscito a scendere quei gradini. Cercavo i miei genitori, ma in quella calca era impossibile trovarci. Allora, per rintracciarli ho chiesto a un amico il suo telefonino. Gli amici si vedono nel momento del bisogno, i cellulari no, perché il mio era rimasto senza credito.
Esperienze appendicite: subito all’ospedale
Ormai erano le 11, ma invece di tornare a casa siamo volati tutti alla clinica dove opera Campanelli, che è un chirurgo. Lui è stato buttato giù dal letto, credo che dal pigiama sia passato direttamente al camice. Beh, dopo una palpazione della pancia e un’ecografia ha deciso di togliermi subito l’appendice, visto che a quel punto era meglio non aspettare ancora. Ricordo che quando sono entrato in sala operatoria un po’ di fifa ce l’avevo, anche se l’anestesista mi aveva spiegato per filo e per segno tutto quello che sarebbe successo.
Quando mi sono svegliato, la fifa non c’era più, il dolore un po’ ma molto meno, mi restava un tarlo nella testa: «Cavolo, dovrò stare qualche giorno a casa in convalescenza. Ma non ti va a succedere proprio adesso che la scuola è finita?».
Filippo Verga, 11 anni, Milano
(testimonianza raccolta da Paola Tiscornia)
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