La porpora trombotica trombocitopenica (o sindrome di Moschowitz) è una malattia della coagulazione del sangue, nella maggior parte dei casi autoimmune, che colpisce da 1 a 6 persone per milione. Se non viene adeguatamente diagnosticata e tempestivamente trattata può mettere in serio pericolo di vita. Colpisce persone giovani, tra 30 e 40 anni, e soprattutto le donne. La gravidanza è tra i possibili fattori scatenanti degli episodi acuti. Flora Peyvandi, professoressa di Medicina interna dell’Università degli Studi di Milano e Direttrice del Centro Emofilia e Trombosi della Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ci spiega meglio di cosa si tratta.
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Porpora trombotica trombocitopenica: cause
Questa malattia è causata dalla grave carenza di una proteina del sangue che si chiama ADAMTS13. La carenza può essere causata da mutazioni nel gene codificante per questa proteina (nella forma ereditaria) oppure, nella forma autoimmune (acquisita), è dovuta all’azione di specifici autoanticorpi anti-ADAMTS13. Il deficit innesca l’accumulo di una sostanza, il fattore von Willebrand, che attacca le piastrine e così il paziente, a causa del ridotto livello di piastrine, va incontro a emorragie mucocutanee e al rischio di microtrombi nel circolo cerebrale, cardiaco e renale che ostruiscono i vasi sanguigni provocando una pericolosa diminuzione dell’apporto di ossigeno ai diversi organi.
Sintomi
La diagnosi di porpora trombotica trombocitopenica non è facile e spesso non è tempestiva. In molti casi infatti la malattia esordisce con disturbi che possono far pensare a una comune influenza, come malessere generale, stanchezza, nausea, vomito. In breve tempo, però, i sintomi possono aggravarsi fino a compromettere la vita del paziente. Segnale distintivo è la comparsa sul corpo di petecchie (piccoli puntini rossi) ed ematomi. È frequente anche la presenza di sangue nelle urine, e via via la comparsa di disturbi neurologici (disturbi visivi e motori). Ma anche sanguinamenti dalle gengive o dal naso. Nei casi gravi, la malattia può degenerare rapidamente con episodi trombotici acuti e manifestazioni cliniche simili a infarto e ictus, fino al coma.
Come si cura la porpora trombotica trombocitopenica
La terapia standard prevede la plasmaferesi per normalizzare la conta piastrinica e la somministrazione di farmaci immunosoppressori. In pratica, oltre a sostituire il plasma del paziente si cerca di modulare il lavoro del sistema immunitario contro ADAMTS13. L’effetto però non è immediato e nei giorni necessari per normalizzare il numero delle piastrine i coaguli possono procurare danni a lungo termine agli organi vitali coinvolti. Purtroppo non è una terapia risolutiva e circa un terzo dei pazienti va incontro a recidive dopo la remissione dall’episodio acuto, più spesso durante i primi due anni.
Il nanoanticorpo caplacizumab
Per questo la ricerca non si ferma e si continua a lavorare per mettere a punto farmaci più mirati, efficaci e specifici. È il caso della terapia innovativa approvata a gennaio 2020 dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, specifica per il trattamento della porpora trombotica trombocitopenica acquisita. A carico del Sistema Sanitario Nazionale, si tratta di un immunosoppressore più potente e veloce. Caplacizumab, un nanoanticorpo che agisce con immediatezza quando un’alterazione del sistema immunitario inizia a produrre anticorpi che inattivano l’enzima ADAMTS13 impedendo il regolare processo di coagulazione del sangue. Caplacizumab impedisce che la piastrina venga danneggiata dal fattore von Willebrand. In aggiunta al trattamento standard, consente di mantenere un’adeguata conta piastrinica fino a che plasmaferesi e immunosoppressione abbiano svolto il loro effetto. E riduce il numero di recidive e il tasso di mortalità.
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