Trascurare la cistite, che è un processo infiammatorio a carico della vescica, può avere delle ripercussioni anche a livello delle alte vie urinarie. Se si tarda a intraprendere la terapia o si sbaglia trattamento, si può andare incontro a pielonefrite acuta, come spiega Francesco Paolo Schena, professore ordinario di Nefrologia all’Università di Bari.
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Cos’è la pielonefrite acuta
La pielonefrite acuta è un’infiammazione del rene, complicanza di infezioni delle vie urinarie. Colpiscono per il 90% le donne e per il 10% gli uomini. La ragione sta nelle condizioni anatomiche femminili. Le donne hanno un’uretra corta con orifizio vicino alla vagina e all’ampolla rettale. Questa condizione predispone al disturbo più di quelle maschili. Gli uomini hanno un’uretra lunga e la presenza della prostata che costituisce una difesa.
Come si manifesta la pielonefrite
I sintomi compaiono improvvisamente con:
- febbre,
- brividi,
- dolore al fianco,
- nausea,
- vomito.
I reni possono essere dolenti alla palpazione, si possono avere crampi addominali. Si può verificare anche una colica renale molto dolorosa.
Quali sono le cause
Alla base della pielonefrite c’è sempre un’infezione delle basse vie urinarie trascurata (cistite se colpisce la vescica, uretrite se riguarda l’uretra), che risale fino a raggiungere i reni. Nelle donne in gravidanza è possibile che si manifesti una pielonefrite di primo acchito, in assenza di una precedente infezione. I ceppi batterici più coinvolti nella malattia sono Escherichia coli, Proteo, Piocianeo. Quest’ultimo, però, si può contrarre solo in ospedale.
Come si diagnostica
La diagnosi si fa attraverso la visita, durante la quale il medico dà un colpo al fianco del paziente per verificare se quest’ultimo avverte dolore. Le analisi utili sono l’ecografia renale e l’esame delle urine, che evidenzia un aumento dei globuli bianchi.
Come si cura la pielonefrite?
Una volta appurata la diagnosi, si fa un esame microbiologico delle urine (urino-coltura) con un test di laboratorio che serve a valutare la sensibilità di un batterio a un determinato antibiotico (antibiogramma). Sulla base dei risultati, si inizia la terapia antibiotica più efficace, protraendola per 21 giorni anche se sono scomparsi i sintomi.
Nei casi più lievi, la somministrazione può avvenire a casa attraverso compresse da assumere per bocca o iniezioni per via intramuscolare. In quelli più impegnativi può invece essere necessario un ricovero ospedaliero con somministrazione per via endovenosa.
Quando diventa cronica?
Se la pielonefrite acuta viene trascurata diventa cronica, rischiando di far perdere al rene la propria funzionalità. Dopo tre settimane dalla fine della cura si effettua un’urinocoltura per verificare che il ceppo batterico sia stato debellato. In caso contrario, bisogna continuare la terapia cambiando antibiotico. In seguito, l’urinocoltura va ripetuta una volta al mese per sei mesi.
Si può fare prevenzione
Per tenere alla larga le infezioni urinarie ed evitare, quindi, ricadute, è meglio giocare d’anticipo mettendo in pratica questi consigli.
● Contrastare la stitichezza mettendo in tavola almeno cinque porzioni di vegetali al giorno (tre di verdura e due di frutta). Sì anche a fermenti lattici in modo da ripristinare la flora batterica intestinale.
● Bere almeno due litri di acqua al giorno.
● Non trattenere l’urina, svuotando la vescica possibilmente ogni quattro ore. In questo modo la flora microbica non aumenta, favorendo lo sviluppo di un’infezione.
● Evitare jeans e pantaloni stretti che con lo sfregamento portano i batteri dall’ampolla rettale alla vagina fino all’uretra.
● Dopo ogni rapporto sessuale urinare, detergere la zona intima e bere un paio di bicchieri di acqua per «lavare» i reni, l’uretra e la vescica.
● Per l’igiene intima, prediligere un lavaggio con acqua e sapone neutro al mattino, alla sera e dopo la defecazione, evitando le lavande, che, alterando la flora microbica vaginale, favoriscono le infezioni.