Giovanni e Chiara si sono conosciuti in un’app di incontri, hanno cominciato a chattare, telefonarsi, poi si sono visti di persona e hanno iniziato a frequentarsi. Insomma, tutto bene, almeno fino a quando Giovanni di punto in bianco, senza nessuna spiegazione, una telefonata o un messaggio, sparisce. Chiara lo chiama ma lui non risponde; gli scrive e nulla. Anche i contatti risultano bloccati ovunque.
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Cos’è il ghosting?
La storia di Giovanni e Chiara è una fra le tante. Gli esperti lo chiamano ghosting, da ghost (fantasma in inglese), ed è un fenomeno che si verifica quando la persona con cui si è instaurato un legame all’improvviso si dilegua, appunto, come un fantasma. Se è vero che accade a tanti, e quindi lo si mette in conto, non si arriva comunque mai preparati. I ghostati, come vengono chiamati quelli che subiscono questa modalità di rottura, lo definiscono un fulmine a ciel sereno.
La prima reazione in genere è lo spavento, ci si chiede cosa sia potuto succedere all’altra persona per non rispondere al telefono e non essere più raggiungibile. Il primo pensiero è che sia stata coinvolta in un incidente, colpita da un malore improvviso, una botta. E la botta in effetti c’è, ma la prende tutta chi presto finisce per scoprire che il fantasma sta benissimo, è vivo e vegeto, ha semplicemente deciso di scaricare l’altro e ignorarlo deliberatamente, lasciandogli così un compito difficilissimo: superarla da solo.
I ghostati non hanno la possibilità di mettere un punto e voltare pagina
Essere lasciati fa male, questo si sa. Secondo le neuroscienze, anche fisicamente. «È stato dimostrato che il rifiuto sociale o affettivo attiva nel cervello le stesse aree del dolore fisico», dice Grazia Attili, professore emerito di psicologia sociale alla Sapienza di Roma e autrice del libro Il cervello in amore. Le donne e gli uomini ai tempi delle neuroscienze (Il Mulino).
A seconda della personalità ognuno affronta questo evento in modo diverso: chi piange e si dispera, chi comincia subito una sorta di contrattazione per cercare di riportare il partner a sé, chi cerca vendetta. «Sono tutte reazioni, però, che presuppongono che l’altra persona in qualche modo ci sia. Quando invece si viene ghostati il problema in più è che l’altro non c’è», continua la psicologa. «Questo rende tutto più doloroso e difficile rispetto a una rottura tradizionale principalmente per due aspetti: la mancanza di chiusura e ciò che in gergo viene definita la disconferma».
Vedersi negata qualsiasi tipo di comunicazione inevitabilmente lascia le cose in sospeso. «Chi resta non ha la possibilità di mettere un punto e voltare pagina, capire cosa non è andato nella relazione. Manca anche l’opportunità di dare un senso alla sua storia, qualunque esso sia. Così si resta da soli in balia di domande e dubbi», dice Attili. A questo si aggiunge una mela ancora più avvelenata: la persona che abbandona disconferma l’altra perché la tratta come se non esistesse. «Si capovolge la situazione: è chi viene lasciato che finisce per sentirsi un fantasma», prosegue l’esperta.
Il ghosting mina autostima e fiducia in sé stessi
«Inoltre, quando qualcuno ci ignora, implicitamente, veicola il messaggio che non meritiamo nemmeno di ricevere una comunicazione, una risposta, minando fortemente l’autostima e la fiducia in sé stessi. I pensieri più comuni diventano “non merito niente”, “non valgo nulla”, “non ero abbastanza attraente”. Spesso subentrano anche sensi di colpa perché si pensa di avere fatto qualcosa di talmente sbagliato e spiacevole che ha indotto l’altra persona a sparire. In breve, ci si rivolge contro se stessi piuttosto che contro chi se n’è andato. Anche perché l’altro non c’è».
Perché si fa ghosting?
Chi gira i tacchi e fugge senza giustificazioni in fondo esiste da sempre, ma oggi i numeri che riguardano il fenomeno sono più alti. «Non è difficile capire il perché in un mondo di relazioni che nascono, si stratificano e si chiudono con un clic», spiega Attili. «I social hanno dato sicuramente più visibilità e risonanza, ma se il ghosting è in aumento è perché sempre più spesso le frequentazioni sono fugaci, intermittenti, fluide, portate avanti con un basso investimento per cui basta un minimo ostacolo, un calo di interesse o che subentri la noia, per decidere di passare ad altro.
Dare spiegazioni, parlare sinceramente di sentimenti o bisogni richiede uno sforzo non indifferente, percepito come sproporzionato rispetto a un legame fragile». Diventa molto più semplice così, nascondersi dietro lo schermo e non affrontare le conseguenze.
A volte si scompare per timidezza o perché non si è in grado di affrontare i problemi
Va detto che dietro un silenzio si possono nascondere anche motivi diversi, non sempre malevoli ed egoistici. «Per qualcuno dileguarsi è una schermatura, come per le persone che non sono in grado di affrontare i problemi, che stanno male nel procurare dispiacere, non sanno gestire un conflitto o le aggressioni che ne possono derivare», precisa l’esperta.
Uno studio del 2020 pubblicato dal Journal of Social and Personal Relationships ha indagato le esperienze di ghosting di un campione di 328 individui per far luce su diversi aspetti del fenomeno tra cui le ragioni che spingevano a farlo. I ricercatori hanno scoperto che non era fatto sempre con intenti dannosi o consapevoli. Per l’8% del campione della ricerca era un modo per proteggersi da aggressività, il 16% lo faceva per non ferire l’altro, sostenendo che un rifiuto comunicato potesse essere anche più dannoso del ghosting.
Il profilo del ghostatore
Siamo tutti potenziali ghostatori? Secondo la scienza no, chi opta per lo spietato gioco del silenzio tendenzialmente risponde a un certo profilo psicologico. Uno studio recente condotto da Peter Jonason all’Università di Padova ha indagato in particolare la correlazione tra il ghosting e la cosiddetta triade oscura della personalità, corrispondente a psicopatia, machiavellismo e narcisismo. I ricercatori hanno coinvolto 341 volontari tra i 18 e i 72 anni e valutato i loro tratti della triade oscura attraverso un questionario di 27 voci: per ogni elemento come «non è saggio rivelare i propri segreti» o «le persone mi vedono come un leader naturale», i partecipanti dovevano rispondere il loro grado di accordo.
I ricercatori hanno confrontato i risultati e il relativo punteggio con le risposte in merito al ghosting. I volontari dovevano affermare se lo ritenevano un modo accettabile per porre fine a una relazione di breve o lunga durata e se l’avessero mai messa in atto. Ebbene, dalla ricerca è emerso che tratti della personalità di machiavellismo e psicopatia sono in effetti associati al ghosting: quindi chi li aveva più accentuati ne risultava più incline o lo riteneva ammissibile. Naturalmente questo non significa che chi fa ghosting è uno psicopatico, lo stesso autore afferma che non tutti quelli che lo fanno hanno un alto livello di triade oscura.
«I narcisisti, in particolare, possono far cadere nella trappola», aggiunge la psicologa. «Sono persone che hanno un gran bisogno di essere adulate e a questo scopo mettono in atto diverse strategie. Poi, quando l’altra persona non procura più gioia o soddisfazione si getta via».
Tra i campanelli d’allarme del ghosting c’è il “love bombing”
Ma è possibile riconoscerli prima che sia troppo tardi? «Un campanello d’allarme può essere il cosiddetto love bombing», avverte Attili. «È una strategia di manipolazione in cui il partner, appunto tipicamente narcisista, bombarda di attenzioni, messaggi, regali il suo oggetto di interesse, al fine di ottenere un controllo sulla sua vita. Di fronte a un eccesso di complimenti, un abuso di regali o altri segnali di comportamento disfunzionale, come atteggiamenti evitanti, meglio restare cauti».
Cosa fare per non soffrire troppo: tutti i consigli
Timidi o machiavellici, resta il fatto che il ghosting ferisce, ma si può imparare a non soffrirne troppo. «Il primo consiglio è non insistere: chi scappa non torna indietro, inseguire un fantasma aggiungerebbe solo sofferenza e frustrazione», consiglia Attili. «Va evitato anche l’isolamento; in questi casi emerge facilmente il desiderio di ritirarsi dalla socialità, invece il supporto sociale è di grande aiuto. Bisogna distrarsi, non pensare continuamente alla relazione, cosa che favorirebbe ansia e tristezza, e cercare supporto nella propria rete di amici e parenti. Per qualcuno può anche essere utile scrivere tutto quello che sente di dover ancora dire in merito a quella situazione.
Più di tutto per superare la sofferenza occorre fare un lavoro su se stessi. È importante far cessare il prima possibile la sensazione di non sentirsi abbastanza degni, recuperare il valore di sé, evitare l’autocritica e focalizzarsi sugli aspetti negativi della persona che ha utilizzato questo metodo. Bisogna ricordarsi che chi interrompe così una relazione si porta dietro un miscuglio di sentimenti nocivi e che la disfunzionalità è di chi mette in atto il ghosting. L’altra persona è andata via per i suoi problemi che non hanno niente a che fare con chi è rimasto».
Se non si riesce ad affrontare l’evento da soli e la rete amicale non basta si può chiedere supporto a un professionista. «Iniziare un percorso di psicoterapia può aiutare a ragionare sulle aspettative deluse, sulla paura del rifiuto ed è un supporto prezioso per imparare a gestire le emozioni, facendo così tesoro dell’esperienza anche per le relazioni future», conclude la psicologa.
Nelle relazioni di lunga durata è un trauma difficile da superare
Non è un’esclusiva delle relazioni brevi. Anche se più raramente, il ghosting può succedere anche nelle coppie consolidate. «In questi casi una rottura senza spiegazioni assume le caratteristiche di un vero e proprio trauma, per cui è ancora più difficile pensare di potere affrontare l’evento da soli», spiega la psicologa Grazia Attili.
«Con l’aiuto di un professionista si può elaborare quello che in gergo si definisce il lutto. È un percorso fatto di varie tappe. Si inizia con il cercare di ricordare gli episodi precedenti la rottura, poi si lavora per evitare l’idealizzazione della persona che è sparita. Allo stesso tempo si devono gestire le eventuali recriminazioni. La durata della terapia varia da caso a caso, ognuno necessita dei propri tempi per giungere progressivamente ad accettarne la perdita e superare le difficoltà».