«Ma lei è disabile?», mi domanda la cassiera. «No, sono in sedia a rotelle per comodità», rispondo tra l’ironico e l’esterefatto. «Mi mostra il tesserino da disabile?», incalza la signora cinquantenne dai capelli rossi. «Sinceramente non esiste un tesserino… E se anche esistesse si tratterebbe di dati sensibili che forse non andrebbero mostrati», rispondo seccato. «E noi poveri impiegati come riconosciamo un vero disabile da uno falso?», conclude come se tutti si prendessero la briga di noleggiare una sedia a rotelle pur di non pagare gli 8 euro dell’ingresso.
Il dialogo sopra descritto, per quanto degno di una scena del teatro dell’assurdo, è avvenuto realmente alle 16 di sabato 6 luglio presso il complesso Villa Monastero di Varenna (Lecco). Si tratta di un ex convento costruito a fil di lago trasformato nell’Ottocento in una dimora di delizia che ospita arredi originali e un moderno centro congressi. Essendo stato restaurato nel 2005 è accessibile e consente un’agevole passeggiata tra i fiori del giardino. Un tour fuoriporta facile a patto di seguire un’unica avvertenza: non fate come me, evitate di litigare all’ingresso e chiedete la cortesia di essere accompagnati in fondo al ripido sentiero che conduce alla villa con la golf cart.
Sbollita la rabbia, con negli occhi il magnifico paesaggio lacustre, mi sono messo a riflettere sulla domanda, mal posta, dalla signora: sarebbe utile un tesserino di disabilità? Ripenso alla riflessione fatta da un’amica, Antonella Ferrari, sul blog invisibili in cui raccontava le difficoltà che incontra una persona con disabilità priva di segni evidenti del suo handicap. Lei soffre di sclerosi multipla e chi la vede in scena o la incontra per strada può notare solo due magnifiche stampelle serigrafate. Le stesse usate da una persona non disabile operata da poco alle gambe.
Essere e non sembrar disabili, avevo titolato il servizio. Ripenso anche a qualche racconto di madri con figlio con disagio psichico al seguito che si sono sentite rimproverare per la cattiva educazione di quel ragazzo maldestro. A loro servirebbe un tesserino che certifichi la disabilità? Da mostrare a chi mugugna quando si salta la fila nelle casse del supermercato che danno precedenza a donne gravide e disabili? O magari per fare la raccolta sconti in musei e… chissà?
Forse invece sarebbe utile un po’ di rispetto per gli altri, un po’ di fiducia nel prossimo cancellando la cultura del sospetto che trasforma gli italiani in splendidi individualisti incapaci di fare squadra.