Un salto nel passato di 20 anni in una sola notte. Sento le stesse farfalle nello stomaco, il turbinio di pensieri delle sere passate insonni attendendo il giorno dopo per affrontare le prove universitarie. Certo allora le preoccupazioni erano legate alla preparazione in vista dell’esame di letteratura tedesca o quello di linguistica. Oggi gli esami che sto per affrontare sono ben più importanti. Sono quelli necessari per essere inserito nel progetto pilota del centro di riabilitazione Villa Berretta a Costa Masnaga (lc) ed essere tra i primi a testare su me stesso il Rewalk. Sì voglio provare le gambe bioniche che ho raccontato ai lettori di OK Salute e Benessere (leggi cos’è e come funziona) e del Corriere della Sera. Ma in realtà non è quella strana, affascinante e fantascientifica, impalcatura robotica ad essere al centro del mio interesse: voglio tornare a stazionare in posizione eretta. Voglio tornare a camminare, guardare gli altri all’altezza degli occhi, voglio fare una scalinata solo per il gusto di farla.
Undici anni seduto a un metro e trenta centimetri d’altezza sono tanti. Pesano come macigni se sulla bilancia della propria esistenza si mettono le grandi e piccole rinunce che si sono dovute accettare, e far accettare a chi ti è accanto. Li sento sulle spalle, mentre nel letto giro a fatica quei tre quarti del mio corpo che non vogliono rispondere agli impulsi nervosi del mio cervello. Li sento nella testa quando la mente torno ai primi 25 anni della mia vita da persona deambulante. Riapro gli occhi e osservo il buio che mi circonda e mi abbraccia in una tenera carezza. Resto ad ascoltare il respiro lieve di mia moglie che in questo lungo percorso mi è stata accanto e mi ha spinto a proseguire. Solo una volta m ha visto in piedi imbragato – forse sarebbe meglio dire ancorato e legato come un salame – a una struttura di sostegno e i suoi occhi si sono inumiditi per l’emozione. Come si sentirà se dovessi riuscire a tornare in piedi e muovere qualche passo? Come si sentirà finalmente a poter camminare a braccetto, magari nei vialetti del parco della villa?
E io? Io che di fronte agli altri ostento sicurezza di chi spavaldo si diverte a giocare con le sue emozioni e che mi rigiro nel letto a pensare diviso tra la voglia di provare l’esoscheletro e la paura che poi mi piaccia e – si tratta pur sempre di un’esperienza temporanea – di dover poi tornare seduto. E ancor prima timoroso di ricevere fin da subito uno stop al sogno di tornare a camminare dalla visita iniziale. Qualche parametro – come l’altezza e il peso (il limite è posto a 1,87 e 100 chili di peso) – dovrebbero essere facili da raggiungere. L’elettrocardiogramma non dovrebbe dare problemi. La mobilità articolare dopo undici anni perennemente seduto già potrebbe essere un problema… e chissà se questa immobilità ha poi reso più fragile le mie ossa innestando un processo di osteoporosi. Solo la Moc e le radiografie di quest’oggi mi daranno il responso.