Invidiatemi… ho finalmente dormito per ben 16 ore di fila. E ci volevano. Mi ostino a tenere un ritmo da persona non disabile, ma il mio fisico e la mia testa non stanno dietro alla mia voglia di vivere. Così sono due settimane che non mi fermo saltellando tra appuntamenti tv (la Vita in diretta su Rai Uno e il servizio apparso al Tg2 ), il Rewalk con cui ho mosso i primi passi e il convegno di venerdì a Bologna su lavoro, università e disabilità organizzato da Asphi, che ha visto la partecipazione tra gli altri ospiti del sottosegretario al welfare del Ministero del lavoro Cecilia Maria Guerra. Senza dimenticare il lavoro redazionale.
Fatica, stanchezza e quel filo di influenza latente che non aspetta altro che aggredirmi non appena l’energia va in riserva si contendono un po’ questo pomeriggio di sabato. Oggi mi fermo a fare un bilancio della settimana ripercorrendo gli eventi a ritroso. E via verso il fatto più recente, quello di venerdì 22, quando ho moderato un interessante convegno durante Handimatica 2012. Un’esperienza a tratti divertente: tre le sedi collegate (Centri Ibm di Roma e Segrate con la sede dell’evento a Bologna) con un collegamento un po’ bizzoso e sfaticato. Delle tante esperienze raccontate e dei tanti interventi, mi sono segnato alcuni passaggi su cui conto di tornare.
Il primo è imbarazzante per il nostro Paese (confermato poi dai dati portati dal sottosegretario al welfare Cecilia Guerra): prima della crisi lavorava solo una persona con disabilità su cinque e, ad oggi, solo il 6% di questo 20% viene realmente valorizzato con politiche aziendali ad hoc. Agli altri viene solo affidata un’occupazione di basso profilo perché considerati un peso tanto che – come ha sottolineato l’Assessore alla scuola e al lavoro dell’Emilia-Romagna, Patrizio Bianchi (ex rettore dell’Università di Ferrara) – il fondo creato con i soldi della multe alle aziende che non rispettano la legge di collocamento obbligatorio per le persone con disabilità continua a crescere. Ciò significa che anche nella crisi le imprese preferiscono pagare delle multe piuttosto che assumere.
Un’altra riflessione interessante è nata dalla lettura dei risultati di una sperimentazione condotta da Ibm con l’aiuto dell’università La Sapienza di Roma che prevedeva il miglioramento costante degli ausili informatici per le persone con disabilità assunte da Big Blue (Ibm). Accanto a una migliore qualità della vita aziendale, e a una maggiore accettazione a conoscenza della disabilità da parte dei colleghi, si è verificato anche un miglioramento della quotidianità extra aziendale. La tecnologia quindi come fattore abilitante non solo professionalmente ma anche socialmente.