Barriere architettoniche nei consultori, lettini ginecologici irraggiungibili, medici che a volte scoraggiano il loro desiderio di maternità. Spesso, poi, le donne con disabilità sono considerate “diverse” dalle altre, come se l’amore per un partner o per un bambino possa misurarsi in base alla mobilità degli arti o alle diottrie mancanti.
«Essere donna con disabilità significa affrontare ogni giorno un doppio disagio – afferma Antonio Guidi, neurologo e collaboratore del sindaco di Roma per le politiche della disabilità, che il mese scorso ha organizzato nella capitale un convegno sulla “disabilità al femminile» – . Sono discriminate due volte, a partire dai banchi di scuola, dove ancora non si tiene conto della loro privacy: a chi non è autosufficiente può capitare di essere accompagnata in bagno da un assistente maschio». «Esistono pregiudizi anche rispetto alla sfera affettiva e sessuale e non sempre viene riconosciuto il loro diritto ad avere relazioni, a sposarsi, ad avere figli», aggiunge Francesca Arcatu del Coordinamento “Gruppo donne” della Uildm, l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare.