Spesso basta poco per scacciare i cattivi pensieri. Talvolta, come suggeriscono alcuni esperti di Ok Salute e benessere, basta il gesto per portare un pizzico di serenità momentanea nella nostra vita. E’ sufficiente strappare le sensazioni negative al nostro cervello scrivendole su un pezzo di carta che poi può essere appallottolato e cestinato. Così per la fine dell’anno, quando la tradizione vuole che gettare dalla finestra le cose vecchie sia di buon auspicio per il futuro, ho deciso di provare a fare un gioco. Prendo dieci parole, che iniziano con le lettere che formano la parola Disabilità, e immagino di buttarle con l’augurio che questo porti un po’ di fortuna a tutti per il prossimo 2013.
DIVERSITA’. Diversi da chi? Mi domando! Le persone con disabilità amano, lavorano, sorridono, piangono, giocano, fanno sport… Cancelliamo l’accezione dispregiativa di questo temine e cogliamo invece le ricchezze che ci fanno una persona differente dagli altri. Alti e bassi, con gli occhi verdi o marroni, più bravi in matematica o in italiano, con o senza disabilità…
INABILITA’, ecco una parola che mi piacerebbe svanisse dal linguaggio comune quando si indicano le persone con disabilità. Verissimo che alcune abilità mi mancano, io paraplegico certo non posso correre la maratona, ma non sono inabile e nemmeno diversamente abile. Sono una persona con capacità, o se preferite all’inglese skill. Ogni tanto sarebbe bello vedere il bicchiere mezzo pieno quando si osservano le persone, siano essere con o senza disabilità e coglierne le capacità, magari residue, invece che le mancanze.
SOLITUDINE Sebbene possa sembrare svanita nel nulla in un mondo sempre connesso, la solitudine in realtà regna sovrana. Sms, mail, cellulare sembrano non poter cancellare quel senso di lontananza e di distacco che ci allontana gli uni dagli altri. Siamo addirittura capaci di lasciare il partner via sms, spesso senza spiegazioni e confronti, ci nascondiamo dietro uno schermo per cercare l’amore – le chat hanno sostituito gli incontri dal vivo -, prendiamo la scusa di aver già fatto una telefonata per non fare una visita. Così le categorie più deboli, dagli anziani ai non autosufficienti, vengono dimenticati e affidati alle cure di estranei.
ACCESSIBILITA’, è nel mio vocabolario personale, e non credo solo nel mio, un sinonimo di libertà. Quanto mi piacerebbe poter vivere in una città perfettamente accessibile così da permettermi di fare ciò che voglio, di essere libero da pensieri nello spostarmi da un luogo all’altro, di poter scegliere il miglior ristorante in base ai miei gusti culinari e non alla sua accessibilità. A certificare questa inefficienza il premio Access City 2013 – che premia le migliori città a misura di persona con disabilità – che, da tre anni a questa parte (cioè dalla nascita per volere della Commissione Europea), non è mai stato vinto da nessuna città italiana.
BUROCRAZIA Direi che basta la parola per far venire la pelle d’oca
INOCCUPAZIONE Ecco cosa manca a chi ha una disabilità lieve: la possibilità di essere e sentirsi utile. Solo una persona con disabilità su 5 ha un posto di lavoro, ma solo il 6% si sente realmente utile e valorizzato. Un peccato perché la voglia di riscatto, se opportunamente convogliata in un’occupazione e in un lavoro adeguato, farebbe la ricchezza di aziende lungimiranti. Invece no la persona con disabilità è considerata un obbligo di legge, un obbligo da adempiere per non essere multati.
LIMITI E non parlo dei limiti fisici, ma di quelli mentali che costituiscono vere e proprie barriere psicologiche che non consentono alle persone di avvicinarsi a chi ha una disabilità. Abbattere questi limiti significa far anche cultura della disabilità e della diversità
INDOLENZA Quel lasciarsi vivere senza trovare l’entusiasmo per nulla o la capacità di indignarsi. La noia di pensare di aver già tutto, la dimenticata capacità di ridere con gli amici per una sciocchezza e cancellare con un sorriso i pensieri cupi. Siamo tutti bravi a criticare, sappiamo tutti come si potrebbero fare le cose meglio, ma poi quando c’è da far andare le mani, da scendere in campo, ci ritiriamo indolenti nel più comodo borbottio.
TAGLI Più che di una potata agli sprechi si è trattato di un taglio netto alle radici della pianta della solidarietà. Il famoso welfare è stato ridotto al lumicino, colpendo sì chi ha imbrogliato, ma anche tante famiglie che su quei soldi facevano affidamento per sbarcare il lunario. Meno ore di sostegno per le persone con disabilità, meno risorse per i disabili gravi, iva agevolata che passa dal 4% al 10% come se la carrozzina fosse un bene non necessario, un benefit di cui si può fare a meno. Certo c’è la crisi e tutti devono fare sacrifici, ma forse ai tagli lineari sarebbe preferibile una lotta senza quartiere a chi truffa.
AMORE NEGATO Fai il paio con la parola solitudine. In questi due anni di blogging mi sono accorto di quanto sia ampio lo spettro delle disabilità e di quanto sia sentita la necessità di avere accanto una persona con cui condividere le difficoltà. Sentirsi amati, non lo nascondo, riduce il peso della disabilità. E in certi casi l’annulla. Così, allo stesso tempo, la sua assenza può amplificare gli effetti: come una spirale o un gorgo, che trascina sempre più basso… nel buio della depressione.