Una nuova terapia per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e la Demenza Frontotemporale (FTD). È questo l’obiettivo della ricerca condotta dall’IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Milano insieme all’Università degli Studi di Milano e con la collaborazione con la U.O.C di Neurologia-Stroke Unit dell’Ospedale Maggiore di Crema e di diverse istituzioni americane. La ricerca è stata pubblicata appunto sulla rivista Science Tanslational Medicine.
Perché lo studio è importante
I risultati raggiunti sono un contributo decisivo per la cura di due malattie neurodegenerative, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e la Demenza Frontotemporale (FTD).
Gli esiti della ricerca sono promettenti per un nuovo approccio terapeutico per i pazienti portatori di mutazione nel gene C9orf72. In questo modo si può individuare un biomarcatore specifico nel liquido cefalo rachidiano, sensibile e utilizzabile per verificare l’efficacia biologica di un futuro trattamento farmacologico.
Il ruolo della mutazione del gene C9orf72
La causa più frequente di SLA e FTD è rappresentata proprio dalla comune mutazione del gene C9orf72. Questo gene produce infatti proteine dipeptidiche denominate c9RAN (ed il poliGP in particolare) che si accumula in modo specifico solo nei tessuti cerebrali affetti, ma anche nel liquido cefalo rachidiano.
Più semplice la diagnosi
«L’ulteriore contributo dello studio è rappresentato dalla dimostrazione che è possibile misurare le proteine poli(GP) anche in cellule mononucleate ottenute da sangue periferico e in linfoblasti immortalizzati da esse derivati – spiega la dottoressa Antonia Ratti, ricercatrice all’Università degli Studi di Milano – con il grosso vantaggio di poter quindi determinare il biomarcatore anche nel sangue e in modalità meno invasiva».
Potrebbe incidere anche sulla terapia di Alzheimer
«L’importanza del presente contributo scientifico sta nel fatto che questo biomarcatore potrebbe essere utile anche per la Malattia di Alzheimer, per le Malattie Extrapiramidali o psichiatriche – continua il professor Vincenzo Silani -. L’inefficacia terapeutica di varie molecole impiegate finora in studi controllati nella SLA è stata imputata anche alla mancanza di un biomarcatore attendibile che oggi invece si configura, nei casi C9orf72-positivi, non solo per supportare la diagnosi, ma anche per definire i pazienti pre-sintomatici e, soprattutto, per valutare l’eventuale efficacia terapeutica».
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