Salute

La sindrome dell’occhio secco: le cause, sintomi e cure

La secchezza oculare si manifesta spesso nelle donne in menopausa, in chi fa un uso eccessivo di dispositivi elettronici e in chi vive in città molto inquinate. L'oculista Antonio Scialdone spiega in che modo si può intervenire

A volte non si hanno più lacrime per piangere, anche se la tristezza non c’entra nulla. Succede quando si soffre della sindrome dell’occhio secco, o, più correttamente, sindrome della superficie oculare o sindrome da disfunzione del film lacrimale. Si tratta di una delle più frequenti patologie in campo oculistico, nonostante fino a pochi decenni fa se ne ignorassero le cause e i meccanismi. Solo nel 2007 l’International dry eye workshop ha dato una definizione più chiara del disturbo, definendolo «una patologia multifattoriale infiammatoria della superficie oculare, che causa fastidio, disturbi visivi e instabilità del film lacrimale». Antonio Scialdone, direttore del reparto oftalmico dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, spiega cause, sintomi e cure di questo disturbo.

Cos’è la sindrome dell’occhio secco?

Alla base della sindrome dell’occhio secco vi è un’alterazione metabolica della superficie oculare, cioè la parte dell’occhio a contatto con l’esterno. La superficie oculare è un sistema estremamente complesso, costituito da diverse strutture (cornea, congiuntiva, ghiandole palpebrali, ghiandola lacrimale e film lacrimale) che, lavorando in perfetta sinergia tra loro, garantiscono la salute e l’efficienza dei nostri occhi. In particolare, il film lacrimale, grazie alla sua composizione (muco, acqua, grasso, sali minerali, enzimi e altro), oltre a proteggere l’occhio dagli agenti infettivi o irritativi esterni, lo mantiene lubrificato e ha un’importante funzione di garantire la qualità ottica delle immagini. Questa speciale pellicola posta sul bulbo oculare si «rompe» in maniera del tutto fisiologica dopo circa 15 secondi, per poi essere ripristinata con altre lacrime attraverso l’ammiccamento. Il malfunzionamento della quantità e qualità del velo lacrimale produce sensazione di malessere oculare, irritazione, peggiorando la qualità visiva.

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Quali sono i sintomi?

La sindrome dell’occhio secco, infatti, si manifesta con bruciore, prurito, sensazione di corpo estraneo, iperemia (occhi rossi), fastidio alla luce (fotofobia), difficoltà di apertura delle palpebre (specialmente al risveglio), annebbiamento visivo.

Come mai insorge la sindrome dell’occhio secco?

Le cause della secchezza sono molte, e diverse fra loro. Convenzionalmente, si fanno ricadere in due categorie distinte.

Prima categoria

La prima è quella caratterizzata da una riduzione della produzione della secrezione lacrimale, causata da patologie autoimmuni (sindrome di Sjögren, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide), dall’assunzione prolungata di farmaci (soprattutto ansiolitici e alcuni antitumorali) o dalla fisiologica riduzione di funzionamento delle ghiandole lacrimali dovuta all’avanzare dell’età.

Seconda categoria

La seconda forma di secchezza oculare, la più frequente, è quella in cui le lacrime sono normalmente presenti, ma, a causa di un’alterazione della loro composizione, evaporano troppo velocemente. Le cause sono la presenza di infezioni o infiammazioni primarie (connettivopatie, blefariti, congiuntiviti croniche, diabete, allergie), complicazioni di allergie, insufficiente apporto di vitamina A, uso scorretto delle lenti a contatto, sbalzi ormonali. Le persone più di frequente a rischio sono le donne in menopausa, a causa delle importanti alterazioni ormonali tipiche di questo periodo. E si tratta di un fenomeno che sta aumentando in maniera esponenziale anche tra i più giovani, molto probabilmente a causa dell’uso eccessivo di dispositivi elettronici, che affatica l’occhio. Anche la presenza sempre più massiccia nell’aria di agenti irritanti come lo smog e l’inquinamento da nanoparticelle di ogni tipo contribuisce a un incremento sensibile dei casi.

In alcuni casi può insorgere anche infiammazione 

La sindrome dell’occhio secco da eccessiva evaporazione è collegata a una disfunzione delle ghiandole palpebrali di Meibomio che producono la componente grassa delle lacrime. In condizioni normali, questa sostanza oleosa va a costituire la superficie del film lacrimale, mantenendolo integro il più a lungo possibile. In assenza o in carenza della parte grassa, la componente acquosa del film, a contatto con l’aria, evapora molto più rapidamente. È a questo punto che si produce il paradosso dell’iperlacrimazione dell’occhio secco.

Le innumerevoli terminazioni nervose presenti sulla superficie oculare rimasta «scoperta» inviano un segnale di allarme, che stimola le ghiandole lacrimali a produrre più liquido, nel vano tentativo di sopperire alla mancata idratazione. La lacrimazione copiosa che ne consegue non fa quindi che aumentare l’irritazione oculare e, alla lunga, provocare altra infiammazione. Il grasso delle ghiandole diviene più denso, non fluisce fuori e facilita l’instaurarsi di una microinfiammazione cronica dei bordi palpebrali (blefarite). Questa contribuisce sia alla sintomatologia, sia a peggiorare la qualità del velo lacrimale.

Come si fa la diagnosi?

Lo specialista, dopo un’accurata anamnesi e una valutazione della sintomatologia soggettiva, generalmente sottopone il paziente a due tipi di esami. Il Break up time (But) test, o test di rottura del film lacrimale, permette di avere una valutazione qualitativa del film lacrimale. Misura, infatti, per quanti secondi la pellicola rimane integra tra un battito e l’altro. Il test di Schirmer, invece, consente la misurazione quantitativa della produzione lacrimale. Come? Grazie all’utilizzo di striscioline di carta assorbente inserite per pochi minuti all’interno delle palpebre.

Come si cura la sindrome dell’occhio secco?

Fortunatamente la maggior parte dei casi di secchezza oculare si risolve con l’applicazione di prodotti conosciuti come lacrime artificiali o, meglio, sostituti lacrimali. Questi liquidi, a base generalmente di acido ialuronico, acquistabili liberamente in farmacia, hanno come scopo quello di mimare l’azione detergente, lubrificante e umettante delle lacrime naturali. Nella scelta, va preferito l’acido ialuronico a catena lunga, più efficace. Se invece riscontra anche uno stato irritativo cronico, l’oculista di solito prescrive norme igieniche locali e un collirio antinfiammatorio, di preferenza non cortisonico.

A seconda dei casi, poi, si possono provare altre terapie. C’è chi, ad esempio, trae beneficio da colliri a base di ciclosporina diluita, un immunosoppressore preparato da farmacie con laboratorio. Chi, invece, trova una soluzione grazie a cicli di colliri di siero autologo, ottenuto per filtrazione dal proprio sangue. In arrivo dagli Stati Uniti è il lifitegrast, un’interessante soluzione oftalmica che promette di interrompere il circolo vizioso dell’infiammazione. La chirurgia è utile soprattutto in presenza di alterazioni della elasticità e posizione delle palpebre (ectropion o entropion).

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