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Il tango combatte gli effetti collaterali della chemio

Il ballo migliora l'equilibrio e riduce il rischio cadute nei pazienti con neuropatia periferica

Divertente, appassionante, coinvolgente, ma non solo: il tango argentino può perfino curare, migliorando l’equilibrio e riducendo il rischio di cadute nelle persone che per colpa della chemioterapia hanno perso sensibilità alle mani e ai piedi. Lo dimostra uno studio dell’Università dell’Ohio condotto su un piccolo gruppo di 30 pazienti.

«Sempre più persone sopravvivono al cancro – spiega l’esperta di riabilitazione Lise Worthen-Chaudhari, che lavora presso l’Istituto neurologico dell’ateneo statunitense – e per questo è estremamente importante riuscire ad affrontare quei problemi che impattano sulla loro qualità di vita».

Gruppo San Donato

Tra i disturbi più frequenti c’è senza dubbio la neuropatia periferica, che colpisce fino al 70% dei pazienti sottoposti a chemioterapia riducendo la sensibilità a livello delle mani e dei piedi: questa condizione (che in una persona su tre persiste per mesi dopo la conclusione delle terapie) nel lungo periodo finisce per alterare l’andatura della camminata, minando l’equilibrio e aumentando il rischio di cadute.

La riabilitazione può migliorare la situazione, ma «molti pazienti rinunciano a farla con costanza perché la trovano troppo impegnativa, la vivono come se fosse un lavoro», sottolinea la ricercatrice. Da qui l’idea di provare con il tango argentino, un ballo di coppia coinvolgente e affascinante, capace di conquistare anche i pigri più scettici. Per verificarne l’efficacia come terapia riabilitativa, i ricercatori hanno organizzato un mini-corso di tango riadattato alle condizioni fisiche dei pazienti sottoposti a chemio, che prevede due lezioni a settimana per un totale di 10 settimane.

I risultati, osservati su un gruppo di 30 volontari, dimostrano un netto miglioramento della stabilità e dell’equilibrio. «Dopo appena 5 settimane di ballo, le oscillazioni del corpo registrate nei pazienti ad occhi chiusi si sono ridotte del 56%», spiegano i ricercatori. Un grande risultato, dunque, ottenuto con poca fatica e tanto divertimento.

«Nell’arco delle 10 settimane di corso – racconta l’insegnante di ballo Mimi Lamantia – ho potuto constatare con i miei occhi la gioia, la sicurezza e la migliore qualità dei movimenti conquistate da ciascuno dei miei ballerini».

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