Sono la durata e l’impianto sottocutaneo i punti di forza del nuovo sensore di monitoraggio della glicemia, arrivato in Italia a marzo 2017: si chiama Eversense, è prodotto Sensionics e distribuito in Europa da Roche Diabetes Care, e si tratta di uno strumento ad alta tecnologia in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti diabetici, progettato per la misurazione dei valori di glucosio fino a 90 giorni senza necessità di sostituzione del sensore ogni settimana.
Prima dei sensori continui di glicemia
Per comprendere a fondo l’innovazione di questo sensore, però, bisogna capire cosa aveva, e ha oggi, a disposizione una persona diabetica per misurare la glicemia nel sangue. Prima dell’avvento dei sensori, i pazienti non avevano scelta: dovevano farsi una puntura sul dito per ottenere una goccia di sangue sui cui fare la misurazione. «In questo modo, il paziente otteneva delle fotografie momentanee del livello della sua glicemia» spiega Giancarlo Tonolo, direttore del Centro di Diabetologia dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Olbia, dove sono stati eseguiti due dei primi cinque impianti del nuovo sensore. «Con questo metodo, però, non era possibile conoscere l’andamento della glicemia tra una fotografia e l’altra, e, di conseguenza, il paziente non poteva sapere se tra due punture la sua glicemia era salita oppure scesa».
La misurazione continua della glicemia
Da alcuni anni, invece, esistono i sensori continui di glicemia, che hanno migliorato la gestione della malattia nei pazienti adulti, ma anche nei bambini. «Sono apparecchiature posizionate sulla pelle che tramite un aghetto entrano nel tessuto sottocutaneo dove la concentrazione di glucosio è in equilibrio con quella del sangue» continua l’esperto. «Con questi strumenti, la misurazione della glicemia avviene ogni tre minuti, quindi il paziente non ha più fotografie singole, ma un unico filmato che monitora l’andamento quotidiano della glicemia».
I limiti dei sensori esterni
I sensori disponibili in commercio hanno quasi tutti una durata di una settimana. Quelli tradizionali hanno un display che comunica costantemente i livelli della glicemia, con degli allarmi che avvisano in caso di ipoglicemia o iperglicemia, mentre device più innovativi permettono l’invio dei valori glicemici a dei piccoli lettori o direttamente a delle app per cellulari.
Il tallone d’Achille di questi strumenti, però, è la loro applicazione extra-cutanea. Il sensore, che entra nella pelle dall’esterno, può facilmente staccarsi con un po’ di sudore, un urto o un bagno nell’acqua. «Metterne uno nuovo non è complicato, ma un sensore della durata di una settimana che rischia di durare due giorni, è un costo enorme per il paziente, perché il sistema sanitario ne fornisce uno solo ogni sette giorni» sottolinea Tonolo.
L’innovazione del nuovo strumento: durata e impianto sottocutaneo
È proprio questa caratteristica che Eversense, invece, ha eliminato. «Il nuovo sistema di monitoraggio prevede l’impianto sottocutaneo del sensore, un tubicino lungo 1 centimetro e spesso 3 millimetri, tramite un taglietto sul braccio in anestesia locale» spiega l’esperto. «Sulla superficie cutanea, esattamente sopra il sensore, si posiziona il trasmettitore ricaricabile, che invia allarmi, avvisi e notifiche relativi ai valori del glucosio all’app sullo smartphone».
Il vantaggio sta proprio in questo sistema: se si suda, si fa un immersione o si urta qualcosa, il massimo che può accadere è che si stacchi il ricevitore, non il sensore, che si trova in una situazione di assoluta sicurezza sotto la pelle. Con una durata di 90 giorni (presto diventeranno 180), il sistema invia i dati tramite bluetooth fino a una distanza di due metri. «Il telefonino avvisa in due modi diversi a seconda che la glicemia stia salendo o scendendo e saranno visibili delle frecce per capire se i valori sono in aumento o in calo rapidamente o brevemente» spiega Tonolo. Inoltre, anche se il telefonino fosse spento, lontano o rotto, il trasmettitore applicato sulla pelle avverte con diverse vibrazioni se la glicemia sta salendo o scendendo. Anche se presto lo sarà, il sistema non è ancora stato testato in età pediatrica ed è impiantabile dai 18 anni in su.
L’indice di accuratezza
Spesso i sensori di monitoraggio a lunga durata presentevano un grande difetto, ovvero un basso indice di accuratezza (detto MARD). Quello dei migliori sensori disponibili oggi sul mercato è inferiore al 10%, un indice talmente preciso che la Food and Drug Administration americana ha persino sancito che, per alcuni strumenti, può essere utilizzato per prendere decisioni terapeutiche senza fare riscontri con il glucometro. «Il MARD del nuovo sensore è dell’8,8%, al momento il più basso in assoluto», sottolinea Tonolo, «anche se pe ril momento non è stato recepito dalla Fda».
I pazienti lo approvano
Nel mondo lo stanno utilizzando già centinaia di pazienti, mentre in Italia per ora è stato impiantato solo su sette pazienti. I riscontri avuti da queste persone sono estremamente positivi, perché il nuovo sensore permette di essere più indipendenti e tranquilli in molte situazioni. «Presto sarà disponibile per tutti» conclude l’esperto. «Tuttavia, l’accessibilità dipenderà dalle risorse del sistema sanitario nazionale, tenendo comunque conto che questo sistema al momento non è indicato per tutti i pazienti diabetivi, ma solo per quelli in terapia insulinica intensiva con difficoltà nella gestione quotidiana della malattia».
Giulia Masoero Regis
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