Il disturbo da deficit attentivo con iperattività (ADHD, acronimo per l’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disturbo dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato, secondo i criteri del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Dsm), da inattenzione e impulsività-iperattività. Un ragazzino con questa sindrome non è semplicemente un Pierino che non sta fermo un istante o che fa impazzire la maestra con la sua incontenibile esuberanza. Quello è un piccoletto che si diverte un mondo, mentre un bambino con l’ADHD soffre. Soffre perché l’iperattività incontrollabile lo isola, perché l’incapacità di mantenere l’attenzione gli preclude la possibilità di giocare con gli altri, di imparare.
In Italia si stima che questo disordine dello sviluppo neuropsichico colpisca circa l’1% degli studenti fra i 6 e i 18 anni. Se non trattato, l‘ADHD può compromettere numerose aree dello sviluppo psichico e sociale del bambino, predisponendolo ad altre patologie psichiatriche e/o disagio sociale nelle successive età della vita come depressione, alcolismo, tossicodipendenza, disturbo antisociale della personalità.
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Le tipologie di ADHD
I sintomi principali del disturbo da deficit attentivo con iperattività, e cioè inattenzione e impulsività-iperattività, non sono causati da deficit cognitivo (ritardo mentale), ma da difficoltà oggettive nell’autocontrollo e nella capacità di pianificazione. E sono persistenti in tutti i contesti e situazioni di vita del bambino, causando una limitazione significativa delle attività quotidiane. Nello specifico, il Dsm-IV distingue tre forme cliniche di ADHD:
- inattentiva
- iperattiva
- combinata
Nel corso dello sviluppo, lo stesso soggetto può evolvere da una categoria all’altra manifestando nelle varie fasi d’età le tre differenti dimensioni psicopatologiche in modo variabile.
Quali sono i sintomi
Deficit di attenzione
La facile distraibilità (inattenzione) si manifesta come scarsa cura per i dettagli e incapacità a portare a termine le attività intraprese. I bambini con ADHD sono costantemente distratti, evitano di svolgere attività che richiedono attenzione per i particolari o capacità organizzative, perdono frequentemente oggetti o si dimenticano di svolgere attività importanti. È presente compromissione dell’attenzione focale (capacità di prestare attenzione su uno stimolo determinato, trascurando i particolari irrilevanti e non utili al compito in corso) e dell’attenzione sostenuta, ovvero della capacità di mantenere l’attenzione attiva nel tempo durante lo svolgimento di attività scolastiche, nei compiti a casa, nel gioco o in semplici attività quotidiane.
Impulsività e iperattività
L’impulsività si manifesta come incapacità di procrastinare nel tempo la risposta a uno stimolo esterno o interno. In genere i bambini con ADHD rispondono senza riflettere, non riescono quasi mai ad aspettare il proprio turno nelle attività quotidiane o nei giochi; spesso si lasciano coinvolgere in attività pericolose senza valutare adeguatamente le conseguenze (provocando talvolta danni fisici a se stessi o ad altri). L’impulsività è generalmente associata a iperattività: questi bambini vengono descritti «come mossi da un motorino», non riescono a star fermi, se seduti si muovono con le mani o i piedi, hanno frequentemente l’esigenza di alzarsi e muoversi senza uno scopo o un obiettivo preciso. A questo si accompagna una sensazione interna soggettiva di tensione, pressione, instabilità, che deve essere scaricata (tale sensazione soggettiva diventa spesso prevalente in adolescenza o in età adulta, quando si riduce l’iperattività motoria).
Stanchezza e noia
I bambini con ADHD mostrano, soprattutto in assenza di un supervisore adulto, un rapido raggiungimento di un elevato livello di «stanchezza» e di noia che si evidenzia con frequenti spostamenti da un’attività, non completata, a un’altra, perdita di concentrazione e incapacità di portare a termine qualsiasi compito o gioco protratti nel tempo. L’iperattività a questi livelli compromette l’adeguata esecuzione dei compiti richiesti. L’incapacità a rimanere attenti e a controllare gli impulsi fa sì che, spesso, i bambini con Adhd abbiano una minore resa scolastica e sviluppino con maggiore difficoltà le proprie abilità cognitive: frequentemente mostrano scarse abilità nell’utilizzazione delle norme di convivenza sociale, in particolare in quelle capacità che consistono nel cogliere quegli indici sociali non verbali che modulano le relazioni interpersonali. Questo determina una significativa carenza della qualità delle relazioni tra questi bambini e il mondo che li circonda.
Quali sono le cause dell’ADHD
Esistono fattori genetici alla base del disturbo: numerosi studi hanno dimostrato che i bambini con ADHD presentano significative alterazioni funzionali dei circuiti cerebrali che stanno alla base dell’inibizione e dell’autocontrollo, in particolare nella corteccia prefrontale e nei nuclei o gangli della base. Esistono anche fattori non genetici collegati al disturbo da deficit attentivo con iperattività, quali la nascita prematura, l’uso di alcol e tabacco da parte della madre, l’esposizione a elevate quantità di piombo nella prima infanzia e le lesioni cerebrali, soprattutto quelle che coinvolgono la corteccia prefrontale conseguente a prematurità e sofferenza perinatale.
L’ambiente non sembra avere una importanza decisiva nella genesi del disturbo di concentrazione, come per altri disturbi di condotta a base emotivo-educazionale, tuttavia l’esperienza esistenziale del bambino con disturbo di concentrazione, caratterizzato da «insuccessi» e frustrazioni nel campo relazionale, sociale e scolastico, potrà determinare disturbi comportamentali su base psicoemotiva, che spesso accentuano e confondono gli stessi sintomi di iperattività e impulsività con cui il disturbo si presenta. In questo senso, il quadro clinico dell’ADHD si può considerare effetto della confluenza di fattori neurobiologici e psicosociali, mediata da un disturbo dello sviluppo cognitivo ed emotivo che assume un ruolo centrale.
Come si fa la diagnosi
Non basta che il bambino sia vivace e agitato. Secondo il Dsm-IV per fare diagnosi di ADHD è necessario che i sintomi chiave della sindrome (deficit di attenzione, iperattività e impulsività) siano presenti per almeno sei mesi, devono aver fatto la loro comparsa prima dell’età di sette anni e manifestarsi in più di un contesto di vita del bambino: scuola, famiglia, società. Occorre che i sintomi impediscano la vita sociale del bambino, bisogna escludere altre malattie o disturbi e occorre valutare sempre il livello cognitivo del bambino, le sue capacità di comunicare, la presenza di comorbilità (disturbi di ansia, di umore, depressione ecc).
La diagnosi di ADHD è in ogni caso essenzialmente clinica e si basa sull’osservazione e sulla raccolta di informazioni fornite da fonti multiple e diversificate quali genitori, insegnanti, educatori. Il disturbo va sempre differenziato dalla vivacità dei bambini normali, dalle condizioni legate esclusivamente a contesti sociali svantaggiati, a esperienze traumatiche, ad atteggiamenti educativi incongrui e a modelli sociali o familiari fortemente caratterizzati da impulsività. Il consenso e la cooperazione dei genitori sono, d’altra parte, cruciali per la valutazione del bambino in generale e per il successo degli interventi psicoeducativi e terapeutici.
Come si cura l’ADHD
I bambini affetti da ADHD possono essere sottoposti a terapie farmacologiche o psico-comportamentali, ma la maggioranza dei neuropsichiatri infantili ritiene che l’efficacia maggiore si abbia con una cura che combina i due tipi di trattamenti.
- Cure con i farmaci. L’Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato due principi attivi per la cura dell’ADHD: metilfenidato (Ritalin) e atomoxetina (Strattera). I farmaci devono rientrare nell’ambito di un programma monitorato dal Registro nazionale, che vincola la prescrizione dei farmaci alla predisposizione di un piano terapeutico semestrale da parte di uno dei centri regionali di riferimento per garantire l’accuratezza diagnostica ed evitare l’uso improprio dei medicinali.
- Terapia psico-comportamentale. Include un ciclo di incontri di parent training (svolto in gruppo o singolarmente, in base alle caratteristiche dei genitori) e la consulenza sistematica agli insegnanti. Il parent training è composto da cicli di almeno dieci sedute che includono una serie di informazioni sull’ADHD e altre attività formative relative alla comprensione del problema e l’applicazione di strategie comportamentali. La consulenza sistematica agli insegnanti include quattro incontri in cui osservare e comprendere le caratteristiche del bambino per diventare capaci di modulare le richieste degli insegnanti e ridurre i comportamenti disfunzionali del bambino.