L’aria inquinata delle città potrebbe essere un veicolo di trasmissione di batteri resistenti agli antibiotici. A lanciare l’allarme sono i ricercatori svedesi dell’Università di Goteborg, i primi a scoprire la presenza di frammenti di Dna associati all’antibiotico-resistenza nell’aria di Pechino.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Microbiome, ha verificato la presenza di questi pericolosi geni in 864 campioni di Dna di origine umana, animale e ambientale. «Abbiamo analizzato solo un piccolo numero di campioni di aria – spiega il coordinatore dello studio, Joakim Larsson – quindi per generalizzare le nostre conclusioni avremmo bisogno di valutare l’aria di più città. Quella che abbiamo preso in esame, comunque, mostra un variegato mix di diversi geni che conferiscono antibiotico-resistenza. La cosa più preoccupante è che abbiamo trovato anche geni che danno resistenza agli antibiotici carbapenemici, tra le ultime armi che abbiamo a disposizione contro infezioni altrimenti molto difficili da curare».
I risultati delle analisi dimostrano che nell’aria che respiriamo ci sono tracce di Dna di questi batteri resistenti, ma non rivela se questi microrganismi siano vivi, cosa che li renderebbe ancora più pericolosi. «In base a studi precedenti sull’aria, è ragionevole pensare che contenga un mix di batteri vivi e morti», ipotizza il ricercatore.
Il prossimo obiettivo del suo team sarà quello di verificare se questi frammenti di Dna si possano diffondere nell’aria a partire ad esempio dagli impianti di trattamento delle acque reflue delle nostre città europee. «Chiederemo ai dipendenti che ci lavorano di portare dei filtri per il campionamento dell’aria», spiega Larsson. «Inoltre studieremo la loro flora batterica così come quella degli abitanti che risiedono vicino agli impianti, in modo da capire se esiste una reale connessione».
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