La target therapy sta diventando sempre più un caposaldo della cura contro molte malattie, tumore al seno compreso. Secondo un’indagine su un campione di popolazione italiana, il tumore al seno è conosciuto dal 45% dei cittadini. Un altro grande 53% ne ha solo sentito parlare. La conoscenza del cancro alla mammella è il primo passo affinché le donne possano fare prevenzione primaria, riconoscerne i sintomi e accedere agli esami per la diagnosi precoce. Se fatta preventivamente, infatti, la diagnosi può aumentare le possibilità di sopravvivenza e guarigione, soprattutto grazie alle terapie a disposizione oggi. La prevenzione, insomma, è come sempre la parola chiave.
In questo articolo
Il test per la BRCA
Tra gli esami, spiega Sandro Pignata, direttore della struttura complessa di oncologia medica uro-ginecologica dell’Istituto tumori di Napoli Pascale, «il test della presenza della mutazione genetica BRCA, (è la cosiddetta mutazione Jolie, dal nome della celebre attrice che ne soffre) è fondamentale per fare prevenzione, perché consente di identificare persone sane però a elevato rischio».
La target therapy
Per quanto riguarda le nuove terapie, è ormai disponibile in Italia olaparib, la target therapy approvata per il trattamento di tumore all’ovaio e alla mammella che agisce proprio su questi geni. «Sono farmaci biologici che agiscono su un bersaglio molecolare. Il presupposto dell’attività di questi farmaci è che ci sia questo bersaglio, in modo da poter selezionare le pazienti che possono beneficiare del trattamento».
Al momento olaparib è utilizzato come terapia di mantenimento delle pazienti con tumore ovarico in stadio avanzato positivo alla mutazione BRCA 1 e BRCA 2. «Sono geni che espongono le pazienti a un elevato rischio di sviluppare tumori all’ovaio o alla mammella. Il farmaco è efficace perché altera i sistemi di separazione del Dna e porta alla morte delle cellule tumorali».
Migliora la qualità di vita delle pazienti
L’attuale indicazione è il trattamento della recidiva, come mantenimento. Si tratta di curare le pazienti con una terapia orale. Quindi con un ridotto impatto sulla qualità della vita, che riesce a tenerle lontane da ulteriori trattamenti chemioterapici per molti mesi. Gli studi che sono stati condotti fino ad oggi evidenziano come olaparib consenta di ritardare la progressione di malattia del 90 per cento.
Circa il 20% delle pazienti trattate ha periodi senza chemioterapia superiori a 2 o 3 anni. Risultato molto importante, perché finora occorreva una serie di trattamenti chemioterapici con pause molto piccole». La nuova terapia ha dimostrato di aumentare significativamente la sopravvivenza media delle pazienti fino a oltre 11 mesi.