Benessere

Violenza economica: come proteggersi?

Si tratta di una forma di abuso che non sempre viene riconosciuta come tale, ma che ha conseguenze estremamente dannose sulla vita di chi la subisce

Nell’immaginario comune, quando si parla di violenza si evocano immagini di schiaffi e pugni. Tuttavia essa si manifesta in molteplici forme, come quella psicologica che si esprime attraverso insulti, minacce, umiliazioni e manipolazioni emotive. Un’altra forma di violenza, spesso invisibile, è quella economica, che non lascia lividi ma danneggia chi la subisce minando la sua libertà e le sue possibilità di scelta.

Cos’è la violenza economica?

La violenza economica può verificarsi in varie situazioni, frequentemente legate a dinamiche di controllo e potere nei rapporti interpersonali, in contesti familiari o nelle relazioni di coppia. L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) la descrive come «un atto di controllo e monitoraggio del comportamento di una persona in termini di utilizzo e distribuzione di denaro, nonché la minaccia costante di negarle risorse economiche».

Come riconoscere la violenza economica

Questa forma di abuso può presentarsi in modi diversi, rendendo la vittima dipendente economicamente e impedendole così di costruire una vita autonoma. Alcuni segnali per riconoscerla possono includere:

  • Controllo totale delle risorse economiche: l’abusante impedisce alla vittima di avere accesso al suo denaro o di aprire propri conti bancari, imponendo restrizioni o chiedendo giustificazioni per ogni spesa.
  • Limitazione dell’indipendenza lavorativa o dell’istruzione: la vittima è ostacolata nel cercare o mantenere un’occupazione, con pressioni psicologiche, ricatti o divieti espliciti di lavorare o studiare.
  • Sfruttamento economico: può includere forzare la vittima a contrarre debiti, appropriarsi del suo denaro o dei suoi beni.

Il legame tra violenza economica e violenza di genere

Oltre ad essere potenzialmente difficile da riconoscere, la violenza economica è anche strettamente legata alla violenza di genere e ne amplifica gli effetti, rendendo complicato per le donne uscire da situazioni di abuso fisico e psicologico.

La Convenzione di Istanbul, all’art. 3, lettera a), definisce che «con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata».

Se si è vittima di violenza, è fondamentale trovare il coraggio di chiedere aiuto, rivolgendosi a un centro antiviolenza o chiamando il 1522. Questo numero gratuito, attivo 24 ore su 24, offre supporto tramite operatrici specializzate, accogliendo le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.

Può persistere anche dopo la fine di una relazione

Nel 2023 un’indagine condotta da Ipsos per WeWorld aveva rilevato che il 49% delle donne interpellate ha dichiarato di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita. Questa percentuale è salita al 67% tra le donne divorziate o separate. La violenza economica può infatti continuare o emergere anche dopo la fine di una relazione. Ad esempio, quando l’ex partner si rifiuta di adempiere agli obblighi di mantenimento.

L’Istat ha delineato un quadro dettagliato sulla violenza contro le donne attraverso “l’indagine sulla sicurezza delle donne”, condotta nel 2006 e nel 2014. Secondo l’Istat, nel 2014 il 26,4% delle donne ha subito violenza psicologica o economica dal partner attuale e il 46,1% da parte di un ex partner. Da allora non sono stati effettuati aggiornamenti, ma è in programma una nuova edizione per fornire informazioni più attuali sul fenomeno.

Come proteggersi dalla violenza economica

Riconoscere i segnali di violenza economica è il primo passo per proteggersi e salvaguardare la propria indipendenza. Esistono guide, come quella elaborata dalla Commissione Pari Opportunità del Consiglio Nazionale del Notariato o quella realizzata da ABI e dalla Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio (FEduF), in raccordo con il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che forniscono informazioni utili per difendersi dagli abusi.

L’importanza dell’educazione finanziaria

Le soluzioni per prevenire la violenza economica includono avere un’autonomia economica, che riduce la dipendenza da chi esercita il controllo, e una educazione finanziaria per saper gestire autonomamente le proprie finanze, prendere decisioni consapevoli e conoscere i propri diritti.

In Italia, però, il livello di alfabetizzazione finanziaria e assicurativa risulta ancora insufficiente, come conferma il rapporto Edufin Index 2024, elaborato da Alleanza Assicurazioni con la Fondazione Mario Gasbarri e con il supporto scientifico di SDA Bocconi School of Management. È stato sviluppato un indice che valuta la consapevolezza e il comportamento degli italiani in ambito finanziario e assicurativo, utilizzando una scala che va da 0 a 100, con la sufficienza fissata a partire da 60. Il punteggio medio degli italiani si attesta su 56 su 100. Inoltre, permangono gap legati al genere, all’età e all’area geografica. Le donne, infatti, ottengono un punteggio medio di 52,9, rispetto ai 58,4 degli uomini.

Per ridurre queste disparità e colmare le lacune, è importante favorire l’accesso a iniziative e programmi di educazione finanziaria che siano in grado di fornire gli strumenti per sviluppare una gestione più consapevole e autonoma delle proprie risorse finanziarie.

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Aurora Pianigiani

Collabora con OK Salute e Benessere e si occupa di comunicazione in ambito medico-scientifico e ambientale. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, si è formata nel settore dei media digitali e del giornalismo. Ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e della Salute presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e contestualmente ha scritto articoli per testate giornalistiche che svolgono attività di fact-checking.
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