Quello dell’asfalto bagnato, della benzina, del cuoio ma anche del caffè e della crema solare: vi siete mai chiesti come mai alcuni odori ci piacciono più di altri e così tanto? Tra i sensi, l’olfatto è il più sottovalutato eppure, stimolando aree cerebrali diverse rispetto agli altri quattro, è quello che suscita maggiormente forti emozioni e sensazioni di benessere. Non a caso, quando sentiamo il profumo del pane appena sfornato o di un libro nuovo di zecca chiudiamo gli occhi, inspiriamo e ci sentiamo appagati, quasi in estasi. Come mai succede questo?
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Perché alcuni odori ci piacciono così tanto?
Le molecole odorose entrano nel naso e penetrano nelle mucose presenti nelle cavità nasali: qui vengono captate dai neuroni olfattivi, deputati alla traduzione degli stimoli odorosi in segnali elettrici, che con i loro assoni raggiungono direttamente i bulbi olfattivi, posti sulla faccia inferiore dei lobi frontali. È in questa sede che avviene una prima elaborazione dell’informazione odorosa e gli stimoli olfattivi vengono “smistati” in categorie a prescindere dalla loro intensità.
I segnali olfattivi raggiungono i centri delle emozioni e della memoria
Per un’identificazione più precisa dell’odore, i bulbi olfattivi inviano poi questi segnali alle aree limbiche del cervello: qui troviamo non solo la corteccia piriforme, centro della discriminazione olfattiva, ma anche l’amigdala, considerata la centralina delle emozioni e dei ricordi, l’ippocampo, implicato nei processi della memoria, e l’ipotalamo, anch’esso coinvolto nelle risposte emotive dell’uomo.
Effetto madeleine
Per questo motivo, quando percepiamo un odore siamo in grado di etichettarlo come piacevole o sgradevole e di associarlo a una memoria autobiografica. Dopodiché archiviamo questo ricordo nella nostra memoria olfattiva per poi recuperarlo tutte le volte in cui siamo sottoposti al medesimo stimolo. Ecco perché quando percepiamo un odore, spesso ci saltano alla mente dei ricordi che talvolta generano emozioni. Questo mix di sensazioni positive innesca un vero e proprio senso di benessere, associato all’odore percepito in quel momento.
Ad esempio, l’odore delle matite temperate «insieme alla consistenza ruvida dei trucioli e al rumore del temperamatite, evocano immediatamente banchi, grembiuli, quaderni e cancelleria», racconta Roberta Deiana in Atlante degli odori ritrovati, edito da HarperCollins. Oppure l’odore del tabacco ci ricorda «della scatola di latta dove il nonno lo teneva» o «del nonno stesso, con il suo modo lento e pacato di arrotolarsi le sigarette», continua l’autrice. E ancora, «basta l’odore della legna che arde nel camino per tornare con la mente a quella casa in montagna».
Questo fenomeno viene descritto come “effetto madeleine”, «che prende il nome dal famoso brano di Proust, nel celeberrimo episodio raccontato in Dalla parte di Swann, il primo volume di Alla ricerca del tempo perduto», spiega Deiana nel suo libro. Il profumo di questo dolce, imbevuto in una tazza di tè, «fa rivivere intensamente al protagonista un episodio della sua infanzia: “All’improvviso il ricordo mi appare. Era il gusto del pezzetto di madeleine che […] zia Léonie mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio. La vista della madeleine non mi aveva ricordato nulla, prima di averla assaggiata […]. Ma gli odori e i sapori restano ancora a lungo, […] a portare senza alcun cedimento, sulle loro goccioline quasi impalpabili, l’edificio immenso dei ricordi”».
Alcuni odori innescano la produzione di dopamina, l’ormone del piacere
Stando ad alcuni studi, inoltre, alcuni odori sarebbero in grado di attivare il sistema dopaminergico mesolimbico, che innerva diverse aree del sistema limbico citato poco fa, conosciuto come “centro del piacere del cervello”. Quando mettiamo in atto comportamenti che generano in noi sensazioni positive, come fare sesso, mangiare, praticare sport, ascoltare musica, questo sistema rilascia dopamina, il neurotrasmettitore che media a livello cerebrale il piacere e la gratificazione. A sua volta, la produzione di dopamina mette in moto il cosiddetto circuito della ricompensa, che porta l’individuo a ripetere le attività che hanno generato in lui sensazioni di benessere. Nell’ambito degli odori significa che se un profumo è tanto appagante la persona è sempre più invogliata a inalarlo. È il processo che, nei casi estremi, sta alla base delle dipendenze.
Il caso dell’odore della benzina
Potrebbe essere il caso, ad esempio, dell’odore della benzina, che si posiziona all’ottavo posto nella classifica dei profumi più amati dagli italiani, stilata proprio da Roberta Deiana e riportata nel suo Atlante degli odori ritrovati. «Tra i suoi oltre 150 componenti chimici – dagli agenti lubrificanti a quelli antiruggine, passando per gas come il butano e il propano – il suo odore è da attribuirsi principalmente al benzene», spiega l’autrice. Questo, stando a un articolo comparso sulla rivista scientifica Discover, potrebbe attivare il centro del piacere e della gratificazione del cervello e, di conseguenza, la produzione di dopamina. «Oggi sappiamo che è bene non esporsi a questo odore troppo di frequente perché si tratta di una sostanza tossica e cancerogena che può generare dipendenza», precisa Deiana.
Il caso dell’odore dei neonati
Un processo simile avviene con l’odore dei neonati. Uno studio condotto dall’Università di Montréal, in Canada, e pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology, ha dimostrato che l’odore tipico dei bimbi appena nati attiva nelle madri il circuito della ricompensa: queste sono portate ad annusare continuamente i loro piccoli perché l’azione in questione genera sensazioni piacevoli e di benessere.
Per giungere a questa conclusione i ricercatori hanno studiato due gruppi di donne, il primo composto da madri che avevano partorito da poco e il secondo da donne senza figli. Le partecipanti sono state esposte all’odore dei neonati e monitorate con tecniche di brain imaging. Sentendo questo profumo, le donne, specialmente le madri, hanno mostrato un’attivazione particolarmente intensa dell’area cerebrale collegata al piacere e alla gratificazione, con la relativa produzione di dopamina.