Il parto in acqua, che oggi viene scelto circa dal 40% delle donne, comporta benefici sia per la neo-mamma sia per il neonato. «Partorire in vasca accentua la naturalità del parto, riducendo lo stress e il dolore, permettendo di seguire i ritmi naturali della nascita, accogliendo il bebè in un ambiente meno traumatico», spiega Salvatore Garzarelli (puoi chiedergli un consulto), primario della struttura complessa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale San Paolo di Savona.
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DEI CENTRI ATTREZZATI
COME FUNZIONA. Nelle strutture attrezzate, la donna ha la possibilità di scegliere se affrontare il travaglio, il parto o solo alcune fasi all’interno di una vasca riempita di acqua filtrata. Anche se le tempistiche sono soggettive, di solito la gestante entra in vasca durante la fase di travaglio attivo: ha contrazioni regolari (tre ogni dieci minuti), il collo dell’utero appianato, una dilatazione di 3-5 centimetri. «Se entra in acqua quando il travaglio è agli inizi, difficilmente la donna riuscirà ad arrivare al parto vero e proprio in vasca, perché di solito è troppo stanca», spiega Clara Brichetto, coordinatrice ostetrica del San Paolo di Savona. Le ostetriche, insieme alla futura mamma, valutano quindi i tempi più corretti. La donna è libera di scegliere, dentro la vasca, di assumere la posizione che preferisce. E allo stesso modo può decidere di uscire o rientrare. Il papà può ovviamente essere presente al parto in acqua (leggi: il papà in sala parte è utile?).
LA VASCA. La vasca, profonda almeno 50 centimetri, contiene acqua filtrata a una temperatura massima di 37 gradi. Accanto è a disposizione un lettino in caso la donna cambiasse idea e volesse uscire dalla vasca.
LA NASCITA. La fase dell’espulsione del neonato è l’unica in cui la donna non può uscire dall’acqua: se inizia nella vasca, lì deve continuare. L’intervento delle ostetriche è minimo e si lascia che l’uscita del bambino avvenga in modo naturale. «Il parto in acqua permette di rispettare i tempi della donna: la dilatazione si velocizza, mentre l’uscita del bimbo è più lenta rispetto al parto tradizionale e dunque è meno stressante per il piccolo», spiega Brichetto. Non ci sono rischi che il neonato anneghi: fino ai sei mesi i bambini mantengono il riflesso nasofaringeo (grazie a cui hanno vissuto nel ventre materno) che chiude la glottide evitando che ingoino i liquidi in cui sono immersi. Quando il bambino è uscito, si tolgono eventuali giri di cordone lasciandolo in acqua e poi lo si appoggia sul ventre materno, con la sola testolina fuori dall’acqua. Poi si taglia il cordone ombelicale (leggi: cosa si cura con le staminali del cordone) e si fanno i controlli di routine.
I BENEFICI PER LA MAMMA. Per la donna, il parto in acqua comporta numerosi benefici.
• L’acqua ha un effetto miorilassante e antidolorifico: il suo calore attenua la percezione del dolore e stimola la produzione di endorfine, gli ormoni del piacere. Permette un parto più sereno, con meno stress, e un minore ricorso ai farmaci.
• Nelle donne alla prima gravidanza, riduce i tempi del travaglio perché rende più rapidi i tempi di dilatazione.
• La contrazioni sono più distanti e quindi il dolore è minore.
• Diminuisce del 50% il ricorso all’episiotomia (taglio che previene le lacerazioni vaginali o perianali).
• L’assenza di gravità e di peso in acqua rende meno faticoso il parto per la donna.
• Il parto in acqua è naturale, permette alla donna di essere vigile e attiva, vivendolo in modo completo.
• Il contatto immediato con il bambino, che viene appoggiato sulla pancia, migliora il processo di accettazione sia per la mamma sia per il piccolo (leggi: l’importanza dell’abbraccio tra mamma e neonato).
I BENEFICI PER IL BAMBINO. Anche i bambini godono di molti benefici.
• Lo stress della nascita è minore: raramente i bambini nati col parto in acqua hanno difficoltà di adattamento.
• Il trauma dell’uscita dal ventre materno è minore, perché il neonato passa da un liquido a un altro liquido. Inoltre la temperatura dell’acqua evita che ci siano sbalzi termici al momento della nascita.
• Appena venuto al mondo il bambino non respira l’aria che può contenere germi, per esempio quelli fecali: in questo modo diminuisce il rischio di infezioni polmonari. Il bambino inizia a respirare solo una volta appoggiato al ventre materno.
PREPARAZIONE. Si può decidere di partorire in acqua anche all’ultimo momento, ma per sfruttare a pieno i benefici di questa soluzione è consigliato fare qualche lezione di acquacità in piscina con un’ostetrica durante le ultime settimane di gravidanza. Il consiglio è di informarsi dal proprio ginecologo o nell’ospedale in cui si ha intenzione di partorire.
AVVERTENZE. Il parto in acqua si può fare solo in caso di gravidanze a basso rischio: il neonato deve essere sano e senza complicazioni (per esempio, bimbi prematuri, podalici o gemelli). Anche la mamma non deve essere affetta da patologie.
Federica Maccotta – OK Salute e benessere