La raccomandazione di non tuffarsi in mare dopo mangiato non è un’esagerazione delle madri apprensive. Uno sbalzo di temperatura brusco nella fase della digestione potrebbe teoricamente dare problemi più o meno gravi: si va da dolori addominali e vomito fino all’arresto cardiaco, nei casi estremi, e alla perdita di coscienza, fatale quando si è al largo.
Attendere un paio d’ore
Quando concedersi il bagno, allora? Dipende da quanto e che cosa si è mangiato, dalla temperatura esterna e da quella dell’acqua e dalle reazioni personali. «Per non sbagliare, si può considerare sicuro un tempo di due ore dopo un pasto completo ma non abbondante in cui si siano consumati grassi (quindi cibi molto conditi, salumi, formaggi, fritti), che sono più lenti da digerire», spiega il gastroenterologo Edoardo Fesce, dirigente medico di secondo livello presso l’ospedale San Giuseppe di Milano. «Basta invece attendere un’ora e mezzo dopo un pranzo a base di carboidrati e proteine (per esempio, un piatto di pasta al pomodoro e una porzione di pesce)».
Molti sono convinti che una breve immersione subito dopo essersi alzati da tavola sia innocua perché pensano che il processo digestivo non sia ancora iniziato. E sbagliano: la digestione comincia non quando si finisce di mangiare ma già dopo il primo boccone. Se il pranzo dura una mezz’oretta, al momento del tuffo lo stomaco sarà in piena attività.
Ma perché fare quattro bracciate dopo i pasti è potenzialmente pericoloso? Ci sono vari motivi. Uno è legato allo shock termico provocato dall’impatto con l’acqua fredda, che può portare a un blocco digestivo (quello che viene definito impropriamente congestione) e al rallentamento del battito cardiaco, fino al caso limite dell’arresto.
Rischio svenimento
Durante la digestione, poi, si verifica una riduzione dell’apporto di sangue a cuore e cervello a favore dello stomaco. Se a ciò si aggiunge lo sforzo fisico della nuotata si ha un richiamo di sangue anche ai muscoli, con ulteriore sottrazione del flusso agli organi vitali. «Ora, battito cardiaco più lento e minore disponibilità di sangue comportano anche il rischio di abbassamento della pressione arteriosa, situazione che predispone alla perdita di forze e di coscienza», dice Fesce.
Al caldo dopo il malore
Va detto infine che la regola delle due ore è puramente indicativa. Per prudenza si possono allungare i tempi se si fa il bagno nell’oceano o in acque particolarmente fredde oppure se è stato consumato un pranzo molto impegnativo.
Che cosa fare in caso di malore in mare? «Cercare di uscire subito dall’acqua, poi sdraiarsi possibilmente su un fianco per agevolare l’eventuale vomito e coprirsi per scaldare il corpo. Se il malessere, nel giro di un quarto d’ora, non passa o addirittura peggiora, chiamare i soccorsi», spiega Fesce.
Marco Maroni – OK La salute prima di tutto
Ultimo aggiornamento: 15 luglio 2010