Dovessi definirmi, direi che sono una «liberattrice». Un’attrice – e una donna – libera. Una persona che ha imparato a prendere in mano la propria vita e ad amarsi di più, che non è una forma di egoismo, ma un modo per rispettarsi ed essere rispettati maggiormente. Allontanare la sensazione di non essere all’altezza combatte lo stress, la grande epidemia del nostro secolo: non solo uno stato emotivo, ma la causa di malanni fisici. Io l’ho imparato a mie spese tanti anni fa.
Mi sono imbattuta in una relazione malata
A svegliarmi, a farmi capire che mi dovevo amare di più, è stato un disturbo d’ansia. Eravamo nel 1994 e io non avevo ancora 19 anni. Vivevo a Giarratana, un paesino del Ragusano, in Sicilia, anche se da lì a poco avrei levato gli ormeggi per andare a Roma a inseguire il mio sogno da attrice. Da un anno e mezzo stavo con un ragazzo poco più grande di me. Era la mia prima relazione seria, aveva trovato anche l’approvazione di mia madre: «Mai nessuno ti amerà quanto lui», mi ripeteva. Un tipo all’apparenza con la testa sulle spalle, che già pianificava il suo futuro lavorativo, anche se si avvertiva un suo tormento interiore. All’inizio le cose erano andate alla grande, mi regalava fiori di continuo e, vivendo lui a Roma, adorava farmi improvvisate. Poi era venuto fuori prepotentemente il suo lato possessivo. Una gelosia folle. In discoteca, quando mi capitava di voltarmi e salutare un conoscente intravisto in lontananza, scattava l’interrogatorio: «Chi è quello? Come lo hai conosciuto?». Addirittura: «Perché hai girato la testa da quella parte e lo hai guardato?». Chiaramente era impossibile rispondere a tale domanda, così come a quelle insistenti sul quando e sul come avessi conosciuto tutti, e dico tutti, i ragazzi del mio paese. Ero nata e vissuta sempre lì… Non solo.
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Ero vittima anche di violenze fisiche
Ero vittima anche dei suoi scatti di violenza fisica. Cercava di contenersi ma non sempre ci riusciva, poi si ripresentava piangente a chiedermi scusa. Che dire di me? Quando una persona s’innamora, l’organismo rilascia sostanze chimiche che obnubilano le facoltà critiche del cervello. Per la verità, avevo cercato di lasciarlo più volte, ma poi ero tornata sui miei passi, perché lui minacciava il suicidio: una volta disse che si sarebbe buttato dal balcone, un’altra accese i fornelli del gas e fece per mettere la faccia sul fuoco.
Ho iniziato ad avere problemi respiratori
Finché cominciai ad avere problemi di respirazione. Di giorno e di notte avvertivo un peso devastante sul petto, mi mancava l’aria, era come se stessi soffocando. Ovviamente finii dal medico, che mi prescrisse una serie di esami. Mi ricordo ancora la sensazione terribile che mi provocò inghiottire una sostanza di contrasto bianca che sapeva di gesso. I risultati dei test non lasciarono dubbi: il mio apparato respiratorio non aveva alcun problema. Il non riuscire a respirare era una manifestazione fisica di un qualcosa che mi stava opprimendo emotivamente. Si aprì davanti a me un mondo nuovo, stavo iniziando a mettere a fuoco quella che era la mia reale situazione, a comprendere che il problema era legato al rapporto insano con il mio ragazzo. La piena coscienza giunse un paio di mesi dopo. Eravamo insieme a Ragusa e lui, in uno scatto d’ira, mi scagliò letteralmente nella sua auto, spingendomi le gambe dentro l’abitacolo a suon di calci. Finalmente scattò in me la voglia di reagire. Scappai dalla vettura e, correndo, bloccai in mezzo alla strada l’autobus per Giarratana. Fu la mia salvezza, perché lui aveva preso a inseguirmi. A poco a poco ho cominciato a sentirmi meglio, un processo già partito nel momento in cui mi era stato spiegato che non vi era alcun problema fisico, anche se le vessazioni proseguirono ancora per altri due o tre mesi. Il mio ormai ex fidanzato non accettava la rottura e continuava a presentarsi sotto casa. Tornai a respirare a pieni polmoni solamente quando cessò definitivamente lo stalking, perché di quello si trattava. Dopo questa storia ho sempre preso molto con le pinze le mie altre relazioni sentimentali, non provo tutto questo sentimento d’idillio verso l’amore romantico. Non a caso ho deciso di non sposarmi e di non avere figli.
Oggi spiego agli altri come uscirne
Quello che, invece, voglio fare – e a settembre lancerò un mio sito web – è divulgare la mia esperienza di crescita personale in una sorta di professione-passione in cui usare anche le tecniche apprese come attrice, dalla recitazione alla respirazione, dalla capacità di capire e ricostruire gli stati d’animo a quella di ascoltare i segnali che ci manda il nostro fisico. Del resto, oggi anche la medicina ha iniziato a considerare l’essere umano nella sua unità di mente e corpo, lo stesso effetto placebo dimostra quanto, in certi casi, le nostre convinzioni influiscano sull’organismo. Ecco, io, da «liberattrice», vorrei insegnare alle altre persone a liberarsi dallo stress per conquistare la libertà e, quindi, la felicità, magari partendo da un aforisma dello scrittore statunitense Mark Twain: «Ho avuto migliaia di problemi nella vita, la maggior parte dei quali non è mai accaduta veramente».
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