Lavorare a maglia riduce lo stress. «Penso che sia il miglior modo per rilassarsi ed essere mindful»: parole di campione olimpico. Il tuffatore ventisettenne britannico Tom Daley, oro alle ultime Olimpiadi di Tokyo, non ha dubbi sui benefici che derivano dal knitting come si dice nel Regno Unito. La sua foto mentre sferruzza sugli spalti della piscina in attesa delle gare ha fatto il giro del web. E Daley non è un’eccezione. Si dice che per calmare la sua mente e chiarirsi le idee, il premio Nobel per la fisica Albert Einstein lavorasse a maglia tra un calcolo e l’altro.
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Lavorare a maglia rilassa il cervello
Ma si tratta solo di un piacevole hobby oppure, come sostengono varie teorie scientifiche, lavorare a maglia e uncinetto fa bene al nostro cervello? Herbert Benson, illustre medico americano, docente di medicina all’università di Harvard e riconosciuto in tutto il mondo come il padre della mind body medicine, sostiene che la ripetitività del gesto tipico del lavoro a maglia sia in grado di abbassare i livelli di epinefrina e norepinefrina. Si tratta di due sostanze che il cervello produce quando è sotto stress. Il tintinnio dei ferri agirebbe come una sorta di cantilena rilassante. Così è in grado di astrarre il cervello dalle preoccupazioni, stimolando la zona prefrontale della corteccia cerebrale.
Cos’è la mind body medicine?
La mind body medicine, in italiano medicina mente-corpo, si concentra sul comportamento e sui modi in cui fattori emotivi, mentali, sociali, spirituali e comportamentali possono influenzare direttamente la salute.
Diversi studi internazionali hanno indagato, già da anni, il knitting come strategia efficace nel fronteggiare ansia, dolore e depressione.
Lavorare a maglia riduce davvero lo stress? Al via uno studio italo-britannico
Ora ha avuto inizio un nuovo progetto di ricerca anglo-italiano. Della partita fanno parte la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, in collaborazione con il dipartimento di neuroscienze dell’università di Reading nel Regno Unito. La sperimentazione è partita per approfondire i meccanismi sottesi ai benefici attesi. Una quarantina di volontari/e vengono sottoposti a Magneto/Elettroencefalogramma (M/EEG). In questo modo si potrà registrare l’attività magnetica ed elettrica cerebrale prima e dopo il lavoro a maglia.
Com’è organizzata la ricerca
Il nuovo studio prevede che, in un’unica occasione, vengano effettuate prima e dopo una sessione di lavoro a maglia di circa venti minuti due registrazioni M/EEG (all’incirca di 40 minuti) in due condizioni:
- a riposo psicosensoriale,
- durante l’esecuzione di un compito per valutare l’attenzione sostenuta e le funzioni esecutive.
Test e analisi dei risultati vengono poi elaborati grazie al supporto scientifico di diversi reparti e del laboratorio di bioingegneria dell’Istituto Carlo Besta. «Questo nuovo progetto si fonda sull’ipotesi che il lavoro a maglia influisca sull’attenzione in modo simile alla meditazione». Pietro Tiraboschi è responsabile della Struttura semplice clinica delle demenze del Besta.
Gomitolorosa al fianco dei pazienti in ospedale con la lanaterapia
A promuovere il nuovo studio è stata la onlus Gomitolorosa. È un’associazione no profit che utilizza il lavoro a maglia negli ospedali come strumento per ridurre l’ansia in pazienti. Si occupa soprattutto di pazienti oncologici. In sinergia con gruppi e associazioni di volontariato, utilizza gomitoli prodotti con lana italiana in sovrapproduzione.
«Dal 2012 abbiamo portato la lanaterapia in dieci ospedali, da Messina a Milano. Crediamo fortemente che il lavoro a maglia o all’uncinetto rappresenti un’attività dalla quale trarre grandi benefici e costituisca uno strumento integrativo del percorso di cura». Alberto Costa è oncologo senologo riconosciuto a livello internazionale per il suo contributo all’avanzamento della cura dei tumori al seno e fondatore di Gomitolorosa.
Lavorare a maglia distrae dalle preoccupazioni
Che il lavoro a maglia sia un efficace antidoto allo stress Costa, oggi presidente della onlus, lo aveva già intuito nei quarant’anni al fianco di Umberto Veronesi. I due scienziati avevano osservato le pazienti che lavoravano con i ferri o l’uncinetto nelle corsie degli ospedali per ingannare il tempo in attesa di sottoporsi alle cure o agli esami. «Lavorare a maglia distrae dalle preoccupazioni, aiuta a percepire meno il dolore, agevola i processi di socializzazione e migliora l’autostima perché implica un obiettivo e il suo raggiungimento. E ora, con il nuovo progetto realizzato con il Besta, vogliamo trovare relazioni scientifiche che consentano di confermare quello che i volontari della nostra associazione sperimentano empiricamente ogni volta che prendono in mano i ferri e si sentono meglio».
Nuovi obiettivi: Alzheimer, Sclerosi Multipla e Parkinson
Oggetto di indagine del nuovo progetto con il Besta è anche la possibilità che la lanaterapia aiuti a tenere a bada i sintomi di alcune patologie del sistema nervoso. Gli esempi tipici sono Alzheimer, Parkinson e sclerosi multipla. L’ipotesi di partenza è che la relazione mano-cervello del lavoro a maglia possa rallentare il declino cognitivo. Contemporaneamente può ritardare il peggioramento dei sintomi. Si vuole sperimentare un eventuale effetto ritardante del knitting sul tremore parkinsoniano. Tra gli obiettivi anche il mantenimento più prolungato della manualità in pazienti che progressivamente la perdono a causa della loro malattia.
I risultati di un altro studio confermano che la lanaterapia funziona
«Vorremmo sviluppare anche in Italia la produzione delle famose “maniche” colorate da parte dei nostri volontari», conclude Costa. «Il manicotto, che ci è stato suggerito dalle nostre colleghe della fondazione Ozana di Zagabria in Croazia, funziona così. Nei momenti di ansia e di agitazione, viene infilato al braccio del paziente che viene attratto dai colori e dalle decorazioni (fiocchetti, palline, ciuffi di lana). Ci sono già ricerche preliminari che dimostrano la capacità di queste “maniche” di far focalizzare la mente che si trova in stato di sofferenza, e di aiutarla pian piano a ritrovare la calma e un po’ di pace, senza ricorrere a sedativi o peggio ancora a farmaci ipnotici, né coercizioni».