Oliver Sacks (1933-2015) è l’autore di decine di libri celeberrimi in tutto il mondo, tra cui L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Un antropologo su Marte e Musicofilia(Adelphi) da cui è tratto il brano che pubblichiamo. Nel Bronx ha avuto modo di sperimentare il farmaco L dopa su pazienti in stato quasi vegetativo, oggetto del suo Risvegli, da cui è stato tratto l’omonimo film con Robert De Niro.
Com’è strano vedere un’intera specie, miliardi di persone, suonare e ascoltare schemi tonali senza senso e trascorrere gran parte del tempo a occuparsi, assorta, di quello che chiama musica. Questo, almeno, era uno degli aspetti del genere umano che sconcertava i Superni, gli alieni del romanzo Le guide del tramonto, di Arthur C. Clarke.
La curiosità li porta ad approdare sulla Terra per assistere a un concerto. Ascoltano pazienti, anche se la situazione risulta loro incomprensibile. Non riescono a capire cosa accada negli esseri umani quando fanno o ascoltano musica, perché dentro di loro non succede nulla. La loro specie non conosce la musica. A Clarke piace dar forma a interrogativi nei suoi racconti, e lo stupore dei Superni porta a chiedersi cos’avrà mai di speciale la musica per esercitare su di noi un potere così particolare, per lo più piacevole e benefico, ma anche capace di una forza incontrollabile e a volte distruttiva.
Non è difficile immaginare che le riflessioni dei Superni, una volta tornati nello spazio a bordo delle loro astronavi, siano proseguite. Questa cosiddetta musica, avranno dovuto riconoscere, produce un certo effetto sugli umani. Tuttavia non presenta concetti né espone teorie, manca di immagini e simboli, la sostanza del linguaggio. Non ha alcun potere di rappresentazione. Non è in relazione con il mondo.
Nietzsche, la musica e i muscoli
Un filosofo e amante della musica, Nietzsche, disse: «Ascoltiamo la musica con i nostri muscoli». Qualcosa di visibile, almeno. Succede a tutti noi: picchiettiamo con i piedi, teniamo il tempo, mugoliamo. E può accadere senza che ce ne rendiamo conto, involontariamente.
È un comportamento normale e può essere considerato una reazione semicosciente, una sorta di espressione personale non voluta, provocata in noi dalle note. Anthony Storr, nella sua eccellente opera La musica e la mente, sottolinea che in tutte le società una delle funzioni fondamentali della musica è collettiva e comunitaria e si prefigge di raggruppare le persone, che cantano o ballano tutte insieme. Ed è possibile immaginarle così attorno ai primi fuochi, centomila anni fa.
Oggi parte di questo ruolo primitivo della musica è andato perso, dato che esiste una categoria speciale di compositori e musicisti, mentre il resto di noi si ritrova spesso a essere un ascoltatore passivo. Solo i concerti, le funzioni religiose o i festival consentono di riassaporare l’emozione collettiva e il senso di unione generati dalla musica.
Ritmo per il controllo motorio
È facile essere sopraffatti, nel bene o nel male, da quella funzione comunitaria. Uno degli effetti più stupefacenti del potere della musica è l’induzione di stati di trance, descritti dagli etnomusicologi di quasi tutte le culture. Caratterizzati da canti e balli estatici, movimenti e pianti convulsi, oppure tremori ritmici, rigidità o immobilità simili a fenomeni catatonici, influiscono a livello motorio, emozionale, psichico e sul sistema nervoso autonomo e culminano in stati di coscienza profondamente alterati.
È possibile osservare il potere coercitivo della musica ad alto volume o con un ritmo incalzante durante i concerti rock, dove migliaia di spettatori si trasformano in un solo individuo e sono trascinati dalla musica. Notevole può essere il potere esercitato dal ritmo sulla capacità di movimento, in presenza di vari disturbi del controllo degli impulsi e delle funzioni motorie, casi in cui la musica può avere proprietà terapeutiche.
I malati affetti dal Parkinson, i cui movimenti tendono a essere eccessivamente veloci o rallentati o a volte del tutto assenti, possono superare i problemi di coordinazione con l’ascolto di una musica caratterizzata da un tempo e un ritmo regolari. Il celebre compositore Lukas Foss (oggi parkinsoniano), per esempio, incontrato di recente, può impiegare molto o pochissimo tempo a raggiungere il suo piano con movimenti quasi involontari ma, una volta seduto davanti alla tastiera, riesce a suonare un notturno di Chopin con un controllo, una coordinazione e una grazia assoluti,per tornare a compiere movimenti inconsulti o rimanere immobile non appena la musica finisce.
Efficace come un farmaco
La musica è estremamente importante per chi è affetto da disturbi motori, o almeno lo è se del tipo giusto: evocativa, ma mai perentoria, per evitare effetti opposti a quelli desiderati. Per una delle mie pazienti colpite dal morbo di Parkinson postencefalitico, Frances D., la musica aveva la stessa efficacia di un farmaco. Se un attimo prima la vedevo contratta, rigida e immobile oppure sobbalzare, muoversi a scatti e la sentivo farfugliare, come una specie di bomba umana a orologeria, l’attimo dopo, se le facevamo ascoltare un brano musicale, tutti questi fenomeni esplosivo ostruttivi sparivano, e a loro si sostituivano una meravigliosa scioltezza e movimenti fluidi e la signora D., finalmente libera da sussulti involontari, accompagnava allegra e con gesti la musica, quasi a dirigerla, oppure si alzava e si lasciava guidare dalle note.
Tuttavia era necessario, nel suo caso, un legato, dato che uno staccato o un brano caratterizzato da strumenti a percussione potevano produrre l’effetto contrario, portandola a sobbalzare senza sosta seguendo il ritmo, come una bambola meccanica.
Scompaiono i tic nervosi
I pazienti colpiti dalla sindrome di Tourette, che tra i suoi sintomi include i movimenti involontari, si calmano e i loro tic nervosi scompaiono durante l’ascolto o l’esecuzione di brani (tuttavia certi generi musicali possono portarli a compiere movimenti inconsulti secondo il ritmo). Il potere stimolante o eccitante della musica comporta un risveglio sia emozionale sia motorio. Ricorriamo alla musica, ne abbiamo bisogno, perché sa pungolarci e farci provare sensazioni particolari, determinati stati d’animo. Dal punto di vista terapeutico, questo potere può sorprendere soprattutto nel caso di pazienti autistici oppure colpiti da sindrome frontale, che altrimenti non potrebbero conoscere emozioni intense.
In tutti, una calma interiore
Il potere evocativo della musica può costituire una ricchezza anche per i malati di Alzheimer o affetti da altre forme di demenza, non più in grado di comprendere il linguaggio o di reagire di fronte alle parole, in quanto le note possono ancora raggiungerne l’animo e risvegliarne le funzioni cognitive, almeno per un istante. Così, un brano noto susciterà ricordi di eventi, incontri o stati d’animo passati che non possono essere richiamati alla memoria in altri modi. Per un attimo la musica può far rivivere ai pazienti un periodo in cui il mondo aveva moltissimo da offrire.
Tuttavia la musica può suscitare suggestioni profonde anche se mai sentita prima. Ognuno di noi è stato rapito dalla sconvolgente bellezza di un brano musicale e si è ritrovato a piangere, all’improvviso, senza sapere se fossero lacrime di gioia o di tristezza, sperimentando il sublime o provando una profondissima calma interiore. Non so come definire tali emozioni trascendenti che possono essere evocate, per quanto posso giudicare, perfino in pazienti (talvolta agitati o tormentati) affetti da gravi forme di demenza. La musica può regalare loro un breve istante di lucidità, gioia e calma.
A volte è una forza pericolosa
Rispetto al potere emozionale della musica è possibile individuare numerosi gradi di sensibilità, passando dall’indifferenza (come Freud: si dice che non s’è mai interessato alle note) fino a una sensibilità a stento controllabile. Coloro che sono colpiti dalla sindrome di Williams, per esempio, nonostante i gravi disturbi visivi e cognitivi, spesso sono do tati di uno straordinario talento musicale e in genere dimostrano una sensibilità notevole di fronte all’impatto emozionale della musica. Molti possono essere sopraffatti dalle emozioni provocate dalle note (Robert Zavorre parla di brividi e ne mostra alcune basi neurobiologiche specifiche).
Un celebre psicologo mio amico non può tenere alcun brano di sottofondo mentre lavora. Deve spegnere la musica per non dedicarsi interamente all’ascolto, dato che è troppo potente per consentirgli di concentrarsi su qualsiasi altra attività mentale.
Gli stati di estasi o trasporto totale possono essere in agguato, se ci lascia andare completamente alla musica, e possono costituire un pericolo di eccessi. In una scena ricorrente negli anni 50, innumerevoli spettatori svenivano davanti a Frank Sinatra o Elvis Presley, rapiti da un’eccitazione emozionale e forse erotica intensa.
Anche Richard Wagner era un maestro nella manipolazione musicale delle emozioni ed è questo, forse, il motivo per cui la sua musica è così inebriante per alcuni e assolutamente da evitare per altri.
Il motivetto che ci piace tanto
A tutti noi è capitato che la nostra mente continuasse a proporci, indipendentemente dalla nostra volontà, melodie oppure canzoni appena ascoltate, per caso. Definiamo tali brani orecchiabili, e talvolta fissazioni musicali, dato che possono radicarsi e riproporsi nella mente centinaia di volte al giorno. Il meccanismo è molto simile a un automatismo cerebrale e coinvolge centri forse sia corticali sia subcorticali, che si attivano a vicenda.
Non credo esistano altri tipi di percezione in grado di generare fenomeni di questa natura. Le allucinazioni musicali si presentano all’improvviso e possono essere inquietanti. Sono più comuni di quanto si possa credere e colpiscono almeno il 2% di coloro che hanno problemi di udito, oltre a persone affette da numerosi altri tipi di disturbi. Una paziente descrive questo fenomeno con l’espressione jukebox in tracranico. Il volume delle allucinazioni può essere altissimo fino a interferire con la percezione o con la conversazione come mai potrebbe accadere con le normali immagini musicali.
Il nostro apparato uditivo e il nostro sistema nervoso sono stati creati per la musica. Forse siamo una specie tanto musicale quanto linguistica. Tuttavia sembriamo dotati di una particolare sensibilità verso la musica, di cui possiamo perdere il controllo con grande facilità.
Allucinazioni, stati di trance…
L’eccesso è continuamente in agguato, sotto forma di fissazioni, allucinazioni musicali, svenimenti e stati di trance o convulsioni indotte attraverso la musica. Questa è l’altra faccia di un potere altrimenti meraviglioso. Non sappiamo in che misura questo sia dovuto alle caratteristiche intrinseche della musica stessa, i suoi complessi schemi sonici tessuti nel tempo, la sua logica, il suo impeto, le sue sequenze indivisibili, i suoi ritmi e le sue ripetizioni insistenti, il modo misterioso in cui mescola emozioni e volontà, o alle speciali risonanze, oscillazioni, reazioni e così via, all’interno dei complessi circuiti neuronali di vari livelli destinati alla percezione musicale e alla ripetizione continua di motivi. Negli ultimi vent’anni i progressi compiuti in questo campo sono stati enormi, tuttavia la domanda riguardo i motivi per cui la musica esercita un potere così forte, è lungi dall’aver trovato una risposta. Ed è una domanda che tocca la parte più intima degli esseri umani.
Oliver Sacks – OK La salute prima di tutto
Aggiornato il 14 ottobre 2009
Ultimo aggiornamento 16 ottobre 2015