Oggi impegnato come concorrente nell’edizione 2013 di Ballando con le stelle, la trasmissione condotta da Milly Carlucci in onda su Rai Uno, il pallavolista Luigi Mastrangelo, detto Gigi, pugliese, classe ’75, svela a OK di quando, prima di diventare uno dei più grandi campioni del volley azzurro, l’altezza da piccolo gli ha causato alcuni problemi.
Foto di classe delle elementari. Se vi finisse tra le mani, capireste subito quale dei bimbetti sono io. Dagli otto anni in poi, nella mia scuola a Mottola, in provincia di Taranto, venivo relegato sempre in ultima fila, possibilmente in un angolo. Ero il più alto, troppo alto e già anche ben piazzato.
Ho superato il metro e 70 in quinta elementare. A 16 anni ho toccato il metro e 96, a 18 la cima da cui svetto tuttora: due metri e due centimetri. Crescevo in fretta, talmente in fretta che mio padre, bidello di scuola e abituato a risolvere problemi pratici dei ragazzini, aveva inventato una specie di prolunga del letto: un panchetto di legno da accostare ai piedi e su cui far scorrere il materasso. Mentre, nel buco che rimaneva dalla parte della testa, mettevamo un paio di cuscini.
Mia madre aveva il suo bel da fare con i vestiti. Aveva voglia di scucire orli per stare dietro alla mia crescita! Si ritrovava a comprare i pantaloni taglia 14 anni quando io ne avevo solo nove. Per non parlare delle scarpe: in terza elementare portavo il 40.
Ve lo immaginate cosa dovevo essere con questo corpo enorme sotto una faccia da bambinone? Il gigante buono, mi chiamavano. E questo mi piaceva. Chiamato a difendere i deboli quando c’era qualche zuffa, preferivo prenderle io piuttosto che darle. Mio padre mi aveva avvisato: «Non osare alzare le mani sui tuoi compagni di classe che sono la metà di te». E infatti ho sempre evitato. Vabbè, diciamo quasi sempre.
Alle volte quella mia stazza mi faceva soffrire. Non ne potevo più di sentirmi ripetere: «Ehi! Che tempo fa lassù?». E poi il calcio, che frustrazione. «Con quell’apertura alare tu vai in porta», mi dicevano, «chi passa più di là?». Così finivo tra i pali, quando andava benone in difesa. Ma io in attacco volevo stare, uffa!
Penserete: chissà quante conquiste in amore! Insomma… A parte che ero timidissimo, ma avrei anche dovuto trovare qualcuna davvero alta. C’è stato un periodo in cui davvero non ne potevo più di sentirmi osservato per l’altezza, di sentirmi chiedere «lassù piove?», di vedere ragazze carine che avevano quasi paura di me. Tra i 20 e i 22 anni, questo disagio mi ha reso molto chiuso e insicuro. Un tratto del carattere ridicolo in un fisico come il mio.
Ci ho messo del tempo a trovare una mia stabilità emotiva. E a sfruttare l’altezza per farmi strada. Già da bambino, per la verità, mi chiamavano per giocare a pallavolo. «Il volley?», pensavo. «No, è da femmine!». Che ne sapevo io che sarebbe diventata la mia vita. Guarda caso, quando sono cominciati ad arrivare i successi sportivi, sono cresciuto caratterialmente.
Mi sono fatto andar bene i letti sempre troppo piccoli degli alberghi, i sedili troppo stretti degli aerei. Sì, perché non avete idea cosa significhi un viaggio intercontinentale per uno come me.
Per fortuna i miei guadagni mi permettono di farmi fare abiti su misura. Capita che commissioni anche le scarpe, numero 48. E la parte sentimentale l’ho risolta a 27 anni: accanto a me c’è Vera, mia moglie, un metro e 70 abbondante.
Ogni tanto torno a Mottola. Il letto con la prolunga inventata da papà è ancora lì, ci dormo sempre bene. Mi giro, mi rigiro e sorrido: la vita ha regalato un bel successo al ragazzone impacciato che non entrava nel materasso.
Gigi Mastrangelo (confessione raccolta da Rosario Arditti per OK Salute e benessere)
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