Lui si chiama Emo ed è un gatto bianco dagli occhi azzurri, forse figlio di un sacro birmano, originario dell’Emilia-Romagna. Grazie al contributo del suo padrone, Giotto, nome d’arte del performance coach Giovanni Gabrielli, lo abbiamo incontrato in occasione della Giornata mondiale del gatto, per farci “raccontare” che cosa significhi essere un animale domestico, in che modo convivere serenamente, perché ha un effetto terapeutico e antistress, ma anche per svelare qualche segreto.
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Gli escamotage adottati da Emo
Emo ha 3 anni e vive insieme al suo padrone Giotto, che definisce “umano domestico”, in una casa con un ampio giardino pieno di rifugi, alberi su cui arrampicarsi, tronchi su cui farsi le unghie ed erba da mangiare che in estate diventa un soffice materassino su cui prendere il sole, correre e giocare.
Quando fa caldo preferisce passare la notte fuori: un motivo di preoccupazione per Giotto che in preda all’ansia di averlo perso, le tenta tutte pur di vederlo rientrare. Si tratta in verità di un escamotage adottato dal gatto per far capire al suo padrone la sua importanza. Ecco perché la mattina si fa trovare davanti alla porta d’ingresso per poi fargli le fusa strusciando il muso tra le sue gambe, a volte aggiungendo anche piccoli e ripetuti miagolii.
Nella stagione invernale, invece, viste le basse temperature e le giornate corte, preferisce stare in casa al calduccio sui comodi divani accanto al suo padrone, certo di ricevere qualche coccola. Il mettersi a “pancia in su” per farsi accarezzare la sua parte più delicata è un segno di fiducia, ma «anche un’inconscia necessità da parte del padrone di ricevere affetto» spiega Gabrielli.
Quando vuole uscire in giardino si piazza di fronte alla porta con il muso rivolto verso l’esterno e Giotto interrompe immediatamente qualunque cosa stia facendo (anche importante) e corre ad aprire la porta per accontentarlo. Ogni tanto, se il padrone è distratto, utilizza altri escamotage quali il miagolio lamentoso oppure il grattare la porta con una zampa, sufficienti per attirare l’attenzione.
Cosa infastidisce Emo
Emo, come del resto tutti gli altri gatti, apprezzano particolarmente il buon cibo, specie quello proveniente dal supermercato, ma se qualcosa non è di suo gradimento, mette in pratica un chiaro segnale: volta il muso da un’altra parte e fa una smorfia con la bocca.
Quando Giotto si assenta da casa per giornate intere a causa del lavoro, Emo si preoccupa perché pensa “e se non torna più che cosa faccio?”. Ecco spiegato perché, al suo rientro fa l’offeso, non degnandolo neppure di un cenno. Come spiega Gabrielli, «è solo una tattica per attirare la mia attenzione e sperare che io non vada più via per troppo tempo perché quando non ci sono sente la mia mancanza».
Tra le cose che infastidiscono un gatto c’è anche l’essere chiamato con altri nomignoli, il fare gesti bruschi, urlare ed essere svegliato mentre dorme (anche se per delle coccole), motivo per cui “risponde” con una soffiata improvvisa.
L’effetto terapeutico e antistress dei gatti
Quanto ai benefici, Gabrielli spiega che i gatti hanno un reale effetto terapeutico e antistress sugli umani. «Quando non stiamo bene, siamo inquieti o stressati, i gatti lo percepiscono e rispondono con richieste di attenzioni utili a farci distogliere la mente dai pensieri. Se ad esempio siamo sul divano, loro si accoccolano su di noi facendo le fusa e fingono di dormire: di conseguenza noi ci rilassiamo e spesso anche addormentiamo, rilasciando le tensioni».
Nel concludere, alla domanda “com’è vivere con un gatto?” Gabrielli risponde che bisogna avere pazienza, ma è una bella avventura, anche divertente, e rappresenta una sicurezza non solo per gli umani, ma soprattutto per gli animali domestici che si sentono al sicuro. «Noi umani abbiamo un linguaggio articolato, eppure spesso richiamiamo l’attenzione dei nostri amici a quattro zampe attraverso vocine o nomignoli che loro non recepiscono, ma gradiscono per il semplice fatto che sono associati a una carezza o a una coccola e che ricambiano con le fusa, facendoci tornare bambini» conclude il performance coach.