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Francesca Cavallin: fitte atroci per il fuoco di Sant’Antonio

La protagonista di «Un medico in famiglia» racconta a OK di aver sofferto di dolori terribili dal piede alla schiena: dava la colpa all'alluce valgo, invece era herpes zoster

Francesca Cavallin, 36 anni, ha dovuto sopportare a lungo terribili dolori di cui non capiva la causa. Il responso? Era fuoco di Sant’Antonio. Ecco la confessione della protagonista di Un medico in famiglia.

Inizia con un fastidio alla palpebra

«Tutto è iniziato con la palpebra destra che ha cominciato a traballare, all’improvviso… È andata avanti a lungo, più di un mese, una sorta di vibrazione quasi impercettibile per gli altri, ma così fastidiosa per me. Poi, una notte, si è aggiunto un dolore lancinante al piede destro. Qualcosa era andato fuori posto, in me, e aveva cominciato a emergere di qua e di là, ne ero certa.

Gruppo San Donato

Poi un forte dolore al piede

Abitavo ancora nella mia casa di Brera, a Milano (adesso mi sono trasferita a Monza), con mio marito e nostro figlio. Era la casa di Leonardo, come la chiamavo io, l’appartamento grande, con le porte ottocentesche e i soffitti altissimi. Nel buio della notte avrei voluto urlare, ma mi trattenevo per non svegliare il mio piccolo. Il mio piede era attraversato da una scarica elettrica violentissima.

Si ipotizza l’alluce valgo

La mattina dopo ho chiamato mia madre, che si era fatta operare (con successo) per l’alluce valgo (leggi: l’alluge valgo si raddrizza in mezz’ora), un difetto che ho pure io e che aveva mia nonna. Credevamo che il dolore notturno fosse legato a quello, anche se la vibrazione dell’occhio, secondo i libri di medicina, non sembrava legata in alcun modo al valgismo. Trascinandomi per casa, senza riuscire ad appoggiare la gamba a terra, ho telefonato al chirurgo che aveva curato mia madre e mi sono fatta portare da lui. “Può essere, in effetti, una sofferenza dovuta all’alluce valgo”, ha detto. “Dobbiamo operare”. E così, in diretta, abbiamo fissato la data dell’intervento, 20 giorni dopo.

Sulla caviglia come una bruciatura di sigaretta

Nel frattempo, però, le fitte aumentavano, con una serie di scariche elettriche che dal piede si erano nel frattempo estese anche alla schiena. Saltavo, letteralmente, sul letto. Non riuscivo a dormire, mi sentivo un’invalida. Nei suoi “viaggi” lungo il mio corpo, il male, dalla schiena, aveva deciso poi di posizionarsi sulla caviglia destra. Ed era diventato addirittura visibile! Nella zona in cui la pelle ardeva, orribilmente, era comparsa una cicatrice, come una bruciatura di sigaretta.

A Francesca Cavallin si diagnostica l’herpes zoster

Nelle ore successive di quei giorni spaventosi (era il settembre 2011), altre chiazze erano comparse vicino al ginocchio. A quel punto mi sembrava impossibile che tutto questo fosse collegato all’alluce storto. Mi sentivo come posseduta da un alieno, gli antidolorifici non servivano a niente. Ero a pezzi. Ho fotografato la mia caviglia e ho inviato l’immagine, via mail, al chirurgo. Mi ha risposto dopo poche ore, dirottandomi subito verso una clinica specializzata di Brescia. Lì è stato facile diagnosticarmi una forma acuta di fuoco di Sant’Antonio: un termine creato nel medioevo, mi hanno detto, perché le persone colpite da questa malattia così dolorosa chiedevano aiuto a Sant’Antonio abate, il patrono del fuoco, l’unico considerato in grado di proteggere dalle fiamme (e il prurito, in effetti, può diventare un bruciore ardente…).

La colpa di una varicella da bambina

Il nome scientifico, in ogni caso, è herpes zoster. Il virus della varicella che avevo preso da bambina si era rifugiato nei gangli nervosi e adesso scorrazzava in quelle autentiche autostrade che sono i nervi, procurandomi i dolori e andando a infettare la pelle. Mi hanno subito prescritto gli antivirali, ma ormai il problema era esploso, e i farmaci hanno stentato a riportarmi alla normalità.

E intanto, nei lunghi giorni ancora di sofferenza, mi tornavano in mente i flash dell’infanzia, quando mia nonna, la mia adoratissima nonna, soffriva di questo fuoco, che allora mi sembrava qualcosa di diabolico. I miei genitori mi permettevano di vederla solo per pochi istanti, mentre il disturbo non si faceva sentire. Lei cercava di sorridere, a volte non riusciva a trattenere le urla di dolore. Ecco, adesso anch’io mi ritrovavo come lei, e chissà quali ricordi ha lasciato, questo episodio, nella memoria di mio figlio…

Tutto è bene quel che finisce bene

Sono guarita, per fortuna. Ma ho imparato la lezione e, se un’altra volta avrò qualche sintomo come in passato, correrò dritta dal neurologo».

Francesca Cavallin (confessione raccolta da Paolo Rossi Castelli per OK Salute e benessere di aprile 2013)

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