L’ipertensione non è facile da tenere a bada. Soprattutto quando, come nel mio caso, è dovuta in gran parte allo stress e all’ansia di cui sono preda da sempre. Avevo una quarantina d’anni quando l’asma di cui soffrivo da tempo mi ha indotto a farmi curare da uno pneumologo. La terapia prevedeva l’assunzione di un apposito farmaco in spray che, leggendo il foglietto illustrativo, avevo scoperto potesse influire sulla pressione arteriosa. Non so se sia stato davvero questo il motivo, fatto sta che un giorno, durante una delle periodiche visite di controllo, lo pneumologo mi ha riscontrato un valore minimo di cento. Dunque, decisamente elevato. Io, poi, avevo sempre avuto la pressione piuttosto bassa, tanto che spesso avvertivo senso di stanchezza e necessità di dormire a lungo. Mai un sintomo che mi facesse sospettare del contrario, a parte qualche emicrania e, ogni tanto, un po’ di irascibilità e agitazione.
In passato ho sofferto di depressione
Da allora, però, ogni successivo controllo non ha fatto che confermare uno stato di ipertensione. Con l’inevitabile prescrizione della pastiglia antipertensiva da assumere ogni mattina. Ammetto di non averla presa bene. Avevo la sensazione di stare improvvisamente invecchiando e mi sono demoralizzato. In passato avevo attraversato una fase depressiva. Benché l’avessi superata con una cura appropriata, mi aveva comunque lasciato addosso strascichi di ansia, con cui ancora convivo.
Il mio lavoro aumenta la tensione
In più, il mio lavoro, per quanto sia da privilegiato (e ne sono assolutamente consapevole), mi impone ritmi sregolati, continui spostamenti in auto o in aereo, pranzi e cene fuori casa, orari sempre sfalsati, che finiscono per accrescere la tensione. Insomma, proprio non riesco a stare tranquillo e ogni volta che mi assale un dolore di qualunque genere mi precipito terrorizzato al pronto soccorso, dove poi bastano un elettrocardiogramma e poche gocce di ansiolitico per rincuorarmi. Questo stato al limite dell’ipocondria non giova certamente alla mia ipertensione.
La miglior medicina è volersi bene
Di recente me la sono vista davvero brutta. Mi trovavo a Roma per lavoro e mi ero alzato al mattino con un forte mal di testa. Il primo pensiero è stato quello di andare in farmacia a misurare la pressione. Detto fatto, 119 di minima e 180 di massima! Ho comprato all’istante un apparecchio per monitorarla da solo e sono rientrato in hotel, annullando l’impegno di lavoro e cercando di calmarmi con i tranquillanti. Ma, poiché il misuratore confermava i valori rilevati in farmacia, mi sono precipitato in ospedale. I buoni esiti degli accertamenti sono riusciti ancora una volta a calmarmi.
Il dosaggio è fondamentale
Il giorno dopo, però, il cardiologo mi ha aumentato la dose del consueto farmaco, aggiungendo mezza pastiglia anche alla sera. La posologia, l’ho imparato, va sempre aggiustata, fino a quando non si raggiunge quella ottimale, che varia da persona a persona.
Da quella brutta esperienza mi sono messo ancora più d’impegno. Sto molto attento alla quantità e alla qualità di quello che mangio, e cerco di bere molta acqua, cosa che prima non facevo. Ma credo che la mia ipertensione non migliorerà più di tanto fino a quando continuerò a sentirmi così stressato.
Importante volersi bene
Mi sento bene solo se riesco a ritagliarmi qualche momento tutto per me. Per esempio, quando mi occupo della mia nipotina di due anni, curo l’orto di casa, esco in barca nel mare delle mie amate Cinque Terre, frequento i vecchi compagni di scuola, dal momento che vivo ancora a La Spezia, dove sono nato. Il massimo del benessere l’ho raggiunto in una medical spa. Tra un bagno turco rilassante, cibo sano e tanta tranquillità, la pressione è andata a posto tanto che ho sospeso temporaneamente i farmaci antipertensivi. In fondo, la miglior medicina è sempre quella di volersi bene. E di dimostrarselo il più possibile.
Dario Vergassola (testimonianza raccolta da Grazia Garlando per OK Salute e Benessere)
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