Capita spesso, da bambini, di avere paura del buio. Di solito è una paura immotivata e irrazionale. Che spesso una carezza della mamma prima di dormire o una piccola luce lasciata accesa di notte riesce a cacciare via. Io però quel tipo di paura non l’ho mai avuto. Fino a quando, a 11 anni, mi sono trovata coinvolta in una vicenda che ho vissuto come un film dell’orrore.
La brutta strega delle favole
Quella sera i miei genitori erano dovuti uscire per impegni inderogabili, lasciandomi a casa con mio fratello, mia sorella e la nostra baby sitter. Ma non c’eravamo solo noi: in una stanza in fondo al corridoio alloggiava da qualche tempo una cara amica di famiglia che versava in un gravissimo stato depressivo. Per questo mia mamma aveva deciso di prendersene cura ospitandola a casa nostra, in modo da poterla assistere affettuosamente da vicino. Contro il volere di mio padre, che, con maggiore distacco e lucidità, avrebbe trovato più indicato e ragionevole farla ricoverare in una struttura specializzata.
Avevo sempre guardato con tanta ammirazione quella donna bellissima, raffinata, sempre perfettamente curata. Che ora la disperazione e l’alcol stavano drammaticamente trasformando, anche fisicamente, in quella che mi appariva come la brutta strega delle favole. Una trasformazione sconvolgente, che mi sorprendeva e mi impauriva. Così come il buio che emanava giorno e notte dalla porta socchiusa della sua stanza. Una porta che quella sera, improvvisamente, abbiamo sentito spalancarsi, accompagnata dai suoi passi strascicati in corridoio. In un attimo siamo stati assaliti dal terrore, baby sitter compresa. Ci siamo rifugiati tutti in bagno chiusi a chiave, e ricordo perfettamente di essermi avvolta in un accappatoio appeso dietro la porta.
La mattina dopo, in seguito a un ennesimo gesto compiuto da quella donna ormai del tutto fuori controllo, mia madre ha finalmente realizzato che le sue cure non erano più sufficienti. Ma io da allora ho avuto il terrore del buio e non ho mai più potuto tollerare in alcun modo di stare senza luce.
A casa mi sento più sicura
L’hanno potuto sperimentare, qualche anno dopo, alcuni amici che una sera, credendo di farmi un semplice scherzetto di cui ridere poi tutti insieme, mi hanno lasciato apparentemente sola nel giardino della casa in cui eravamo andati a festeggiare il Capodanno, tra scheletri di alberi spogli e il silenzio assordante della neve. La gente difficilmente riesce a prendere sul serio una paura così irrazionale. Ma io, non vedendo più nessuno, sono stata assalita dal panico, cadendo a terra svenuta.
Da allora evito accuratamente ogni possibilità di trovarmi al buio. A cominciare dalle uscite serali: non metto piede fuori casa se non viene qualcuno a prendermi e a riaccompagnarmi, soprattutto in inverno, quando le tenebre mi appaiono davvero inquietanti. In casa, invece, va meglio: non ho problemi a dormire da sola anche a luci spente. E se capita che vada in tilt l’impianto elettrico, vista la mia mania di far funzionare diversi elettrodomestici tutti insieme, posso anche andare personalmente a riattivarlo.
Adesso sto riuscendo a stare sola anche nella mia amata e rilassante casa di campagna nel Viterbese, dove mi rifugio ogni volta che posso perché ho sempre più bisogno dei miei spazi e della mia intimità. Ma se voglio fare una passeggiata nel parco o raccogliere la legna per il camino, è sempre prima che faccia buio. Nonostante la compagnia dei miei fedeli bassotti, che si comportano come cani da guardia.
Non ho mai preso tranquillanti
Fortunatamente questa paura non ha comunque mai condizionato particolarmente la mia vita. Né mi ha obbligata a faticose rinunce. Per questo non ho mai sentito il bisogno di affrontarla con una terapia psicologica, né di prendere alcun tipo di tranquillante. Col tempo, anzi, sono riuscita a usare la mia forza di carattere e la mia razionalità per conviverci al meglio. E anche se non l’ho affatto sconfitta, ho almeno trovato un discreto equilibrio.
Corinne Cléry
Testimonianza raccolta da Grazia Garlando per OK Salute e benessere marzo 2017
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