Sport dopo Covid. «Non è stato facile recuperare del tutto da questa malattia: lascia molta stanchezza». A raccontarlo è Federica Pellegrini, qualificata alla sua quinta olimpiade nei 200 stile libero. Non stupisce quindi che tanti sportivi amatoriali si sentano particolarmente affaticati nel momento in cui riprendono a praticare attività fisica dopo una diagnosi di Covid. Nonostante l’esito negativo del tampone sia in grado di accertare la guarigione dalla malattia, «è possibile che una “coda” della virosi continui a manifestarsi in molte persone.Questo indipendentemente dal grado di criticità con il quale si è affrontato il coronavirus». Stefano Aglieri è specialista in medicina dello sport e cardiologia.
Gli individui che lamentano stanchezza e debolezza muscolare anche a mesi di distanza dall’infezione non sono pochi. Se ne occupa un’indagine condotta dal policlinico Gemelli di Roma su 143 soggetti con diagnosi Covid, e pubblicata su Lancet. I risultati hanno rilevato che il 53% ha segnalato stanchezza. Il 43%, invece, ha lamentato mancanza di respiro nei due mesi successivi all’incontro con la malattia.
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Anche la forma lieve può causare danni al fisico
Insomma, è come se non ci si sentisse mai realmente guariti e la sintomatologia peggiora nel momento in cui si riprende a praticare attività fisica. «È capitato alla maggior parte delle persone, abituate comunque ad allenarsi con una certa frequenza. Nel momento in cui hanno riprovato a fare una corsetta o qualche esercizio hanno avvertito dolori al petto, fiato corto e mancanza di forza muscolare. La causa di tale quadro è da attribuire alla capacità del virus di attaccare contemporaneamente diversi apparati: cardiaco, polmonare e circolatorio. Tutti i pazienti, anche quelli colpiti da una forma lieve, hanno subito un danno all’organismo».
Sport dopo Covid: attenzione soprattutto alle conseguenze sul cuore
Non c’è da allarmarsi «perché l’astenia è destinata piano piano a scomparire». Dall’altra parte non bisogna sottovalutare i segnali che il corpo manda. Anzi è bene ascoltarli e sottoporli all’attenzione del medico. «Il rischio a cui si può andare incontro è quello che l’infezione scatenata dal virus possa degenerare in una miocardite o pericardite. La prima è un’infiammazione del miocardio, cioè di tutto il muscolo cardiaco, che può portare a conseguenze gravissime. La pericardite è meno importante ma più dolorosa e coinvolge il pericardio, ovvero la membrana che avvolge il cuore». Entrambi gli stati infiammatori possono dare vita ad aritmie e scompenso che a riposo posso rimanere latenti, fino a che non si mette in moto il cuore durante i primi allenamenti. «È proprio il cuore dello sportivo, benché più allenato, a destare più preoccupazione per le complicanze legate a una possibile infiammazione del muscolo stesso».
Il ritorno alla normalità sportiva, è inoltre, ostacolato dal danneggiamento del sistema circolatorio. «L’agente patogeno altera i meccanismi di controllo della coagulazione, con rischio di trombosi sia da punto di vista arterioso sia da quello venoso». Il sistema circolatorio è in tilt e non riesce ad adempiere ai propri compiti, così anche i muscoli ne risentono: sono stanchi e affaticati.
Sport dopo Covid: gli esami utili
Il primo passo da compiere, allora, per riprendere a praticare sport in sicurezza ed evitare così di confondere un semplice dolore di affaticamento con un sintomo più grave, «è quello di sottoporsi a esami del sangue specifici». «Primo fra tutti quello della creatinfosfochinasi (CPK). È un enzima presente soprattutto nell’apparato muscolare scheletrico e in quello cardiaco. Il suo valore è indice dello stato di salute dei tessuti. Livelli alti di presenza dell’enzima comunicano uno stato di sofferenza delle cellule muscolari. Utile anche verificare globuli rossi, emoglobina (che trasporta l’ossigeno in tutto il corpo) ed enzimi epatici come le transaminasi. Così si potrà valutare le condizioni del fegato e la funzione renale con azotemia e creatininemia».
Gli esami se siamo degli sportivi
Gli esami di laboratorio però non bastano, soprattutto nel caso di atleti. Tra di loro anche i milioni di podisti italiani. Negli ultimi mesi il ministero della Salute ha varato per questa categoria di sportivi sulla base di un documento stilato dalla Federazione Medico Sportiva Italiana, unica società scientifica accreditata nell’ambito della medicina dello sport. Secondo il documento, gli atleti guariti da Covid-19 devono sottoporsi a una visita medica specifica non prima di trenta giorni dalla guarigione. Rispetto alla tradizionale visita, in seguito alla quale viene rilasciato il certificato medico di idoneità sportiva, sono stati aggiunti alcuni esami in relazione al livello di gravità della malattia affrontata.
- Chi ha contratto il virus in maniera asintomatica o lieve, per esempio, deve sottoporsi a un esame spirometrico, a un eco-cardiogramma color-Doppler del cuore. Si tratta di un test ergometrico incrementale massimale con monitoraggio elettrocardiografico (ECG) e valutazione della saturazione dell’ossigeno a riposo, durante e dopo il test.
- Coloro i quali hanno, invece, affrontato l’infezione in maniera «moderata» o per i quali è stato necessario il ricovero, devono aggiungere anche l’ECG Holter delle 24 ore.
Chi non è tesserato presso una società e non rientra nella categoria degli agonisti non deve, tuttavia, pensare di non aver bisogno di esami come quelli sopra descritti. «Io consiglio, comunque, a chiunque lamenti fitte al torace e un’astenia continua nel tempo di sottoporsi a un ecocardiogramma».
Sport dopo Covid: l’allenamento nel primo mese
Dopo aver effettuato il «tagliando medico» è importante capire il metodo più giusto per ricominciare ad allenarsi, per poi riuscire a raggiungere i precedenti livelli di performance. «A prescindere dalla tipologia di attività», dice il medico dello sport Stefano Aglieri, «è necessario non strafare. L’errore più grande in questa fase è quello di non rispettare il proprio corpo e pensare di rimediare ai danni causati dal Covid in un paio di giorni. Gradualità è la parola d’ordine. Allenare il cuore con sessioni più brevi e impegnative e altre più lunghe a basso impatto cardiaco può essere la soluzione migliore».
A questo proposito, Christian Cervizzi, ex nuotatore professionista e preparatore atletico di triathlon, ha preparato per OK un allenamento di un mese, pensato proprio per permettere al corpo di riacquistare forza e consapevolezza. «Questa è una fase in salita, ma che porterà, giorno dopo giorno, al ritorno alla normalità», dice. «Per il momento è necessario accantonare obiettivi di performance e pensare solo al piacere indotto dallo sport». Il primo mese è il più importante perché si ricostruisce la capacità aerobica e si valutano le risposte del corpo.
● Due sessioni di allenamento
«Ogni settimana prevede due sessioni di allenamento: una aerobica (passeggiata sostenuta o pedalata) della durata di 30-45 minuti. Non deve prevedere una frequenza cardiaca superiore al 65%, un’altra di tonificazione. Questa è composta da tre slot di tre esercizi diversi (squat, addominali e piegamenti sulle braccia) per un totale di trenta minuti di allenamento. Il recupero non è specificato perché, soprattutto in questa fase, è fondamentale assecondare le proprie sensazioni e necessità. Durante l’allenamento di tonificazione consiglio di annotare il numero di ripetizioni di ogni esercizio così da valutarne un miglioramento nelle settimane successive».
● Stretching quotidiano
Se l’appuntamento con l’allenamento è fissato per due volte alla settimana, quello con lo stretching, per l’esperto, dovrebbe essere quotidiano. «Dedicare dieci minuti al giorno all’allungamento muscolare apporta importanti benefici sia dal punto di vista muscolare sia dal punto di vista articolare. In questo momento toglierei la musica dalle cuffie, così da ascoltare meglio il respiro e sincronizzarlo il più possibile al movimento stesso».