Si parla tanto dell’importanza della prevenzione, ma è solo quando la si sperimenta sulla propria pelle, come è accaduto a me, che si riesce davvero a capire quanto sia efficace. Fortunatamente io ho sempre dato molto peso ai controlli medici, anche quando non avevo particolari motivi. E nonostante l’età indicata per sottoporsi alla prima mammografia sia solitamente a quarant’anni, ho deciso di cominciare a farla già a 35.
Avevo un’infiammazione dei dotti
Qualche anno dopo mi è stata riscontrata una frequente infiammazione dei dotti: niente di cui allarmarsi particolarmente, mi ha detto il senologo, raccomandandomi però di continuare a tenermi regolarmente sotto controllo. Consiglio che ovviamente ho seguito senza esitare: una volta all’anno facevo una mammografia e ogni sei mesi un’ecografia, in modo che nulla potesse sfuggire. E fortunatamente i referti erano sempre negativi. Almeno fino a quella mattina di aprile di due anni fa, quando mi sono recata dal medico per il consueto appuntamento.
Un’ombra sospetta
Proprio quel giorno in quella struttura veniva inaugurato un nuovo macchinario, molto più sensibile di quello utilizzato nella mammografia classica, e quindi più efficace nell’individuare anche le minime anomalie. Considerata la mia proverbiale agitazione a ogni esame, quel medico, che ormai mi conosceva bene ed era siciliano come me, riusciva sempre a sdrammatizzare e tranquillizzarmi. Ma quella volta nella sua voce ho colto subito qualcosa di diverso mentre mi chiedeva di trattenermi anche per un’ecografia perché si era
evidenziata un’ombra sospetta al quadrante esterno superiore del seno destro. E, fatta anche quella, con quell’ulteriore esito alla mano, mi consigliava di sottopormi al più presto a una risonanza col liquido di contrasto.
Avevo paura di fare la risonanza
Sono uscita dal laboratorio in preda a un panico che annebbiava ogni mia capacità di ragionamento, inducendomi a mettere da parte il consiglio senza seguirlo. Ma quando una ventina di giorni dopo, tornando nello stesso centro per una radiografia di tutt’altro genere, ho detto al medico di non aver ancora fatto la risonanza perché ne avevo paura, è andato letteralmente su tutte le furie, dicendomi senza mezzi termini che avevo un cancro al seno e che non potevo perdere altro tempo prezioso. Mi sono precipitata a farla senza più esitare, sentendomi ripetere esattamente lo stesso termine: un’ombra sospetta che nascondeva sicuramente qualcosa di spiacevole, per quanto neppure questo esame fosse riuscito a renderlo chiaramente visibile.
Era necessario l’intervento chirurgico
Ho deciso allora di consultare il professor Riccardo Masetti, direttore della struttura di chirurgia senologica del Policlinico Gemelli di Roma, che mi ha sottoposto a un’ulteriore ecografia e ha confrontato l’esito con quello della risonanza. Di nuovo quella conferma: un’ombra che cela qualcosa probabilmente di molto aggressivo. Ma per capire esattamente cosa fosse occorreva intervenire chirurgicamente. D’impulso mi sono resa disponibile a farmi ricoverare anche in quello stesso istante: la paura aveva improvvisamente lasciato il posto alla consapevolezza, ero sola con la mia malattia e non mi restava che affrontarla.
Tre noduli potenzialmente pericolosi
Vengo convocata pochi giorni dopo. Quella mattina del 23 maggio con me ci sono mia sorella Anna e mio fratello Rosario, che fino all’ultimo riesce a farmi ridere per sdrammatizzare: la mia proverbiale ansia si è trasformata in un’impensabile tranquillità, che riesce a sorprendere perfino l’anestesista. Quando mi sveglio dopo l’operazione, quasi inconsciamente allungo una mano sotto l’ascella e mi accorgo che non ci sono medicazioni, dunque non è stata toccata. Non capisco se ho ancora il seno. Ma il sorriso del chirurgo è
radioso quando mi racconta tutto: sotto quell’ombra c’erano ben tre noduli pronti a evolvere in qualcosa di maligno, ma io ero arrivata in tempo, e quindi era bastato asportare la sola area in cui si trovavano.
Devo ringraziare il radiologo scrupoloso
E di questo, sottolineava il professor Masetti, dovevo ringraziare la scrupolosità e la capacità del radiologo che era riuscito a cogliere quell’ombra sospetta che li nascondeva. Per precauzione mi hanno sottoposto a una sola seduta di chemioterapia utile a «ripulire» bene la zona. E dopo soli tre giorni ero già a casa mia. Va da sé che ho ripreso con assiduità e regolarità tutti i controlli che già facevo prima. La prevenzione è davvero
fondamentale, non lo si ripeterà mai abbastanza.
Catena Fiorello (testimonianza raccolta da Grazia Garlando)
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