Abbronzato. Sempre. Troppo? Il vizio – se così si può chiamare – di Carlo Conti è la tintarella. Durante tutto l’anno, mesi invernali compresi, il conduttore ama sfoggiare sul piccolo schermo un colorito più che dorato, quasi tendente al cioccolato. E a OK Salute e Benessere racconta come mai.
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Carlo Conti racconta la sua mania per la tintarella
La mia mania è sotto gli occhi di tutti. È l’abbronzatura. Ma sono fortunato. Madre natura mi ha dotato di una pelle al limite dell’umano: non conosco la fase rosso aragosta, tipica di chi si è appena esposto al sole. Io passo direttamente dal color cappuccino al caffè nero.
Così, appena ho qualche giorno libero, in qualsiasi stagione dell’anno, volo al caldo. Del sole non so proprio fare a meno, è una specie di necessità. Vedermi meno che nero? Proprio non lo sopporto. E allora alcune volte, in inverno, per regalarmi qualche tonalità di colore in più, oppure per prepararmi a un imminente viaggio esotico, mi concedo una lampada. Però solo al viso.
Lampade artificiali sono in centri specializzati
Cerco sempre centri specializzati, sto attento che usino macchinari certificati, sbircio su quale sia l’ente che ha eseguito i controlli. Poi mi concedo la mia lampada facciale, per non più di un quarto d’ora. Ma non sarà mica per quei pochi minuti l’anno di raggi ultravioletti che vorrete mettere in dubbio la mia abbronzatura naturale, no? Talmente naturale che a fine estate sono nero come la notte.
Gli aneddoti di Carlo Conti sulla sua abbronzatura color cioccolato
Qualche anno fa, era fine settembre, in spiaggia eravamo davvero pochi, irriducibili del bagnasciuga come me e Giorgio Panariello. A un certo momento si avvicina un venditore ambulante, senegalese, mi guarda e dice: «Ciao fratello, come sei nero!». Lui. A me! Panariello, dal ridere, a momenti finisce sotto la sdraio. La passione per il mare l’ho sempre avuta. Ho trascorso le estati della mia infanzia a caccia di granchi sugli scogli di Livorno, con il retino in mano, ore e ore sotto i raggi. Ho il ricordo chiaro di mia madre, anche lei di un bel colore cioccolato, ma cioccolato al latte a differenza del mio fondente, che mi inseguiva sugli scogli per mettermi la crema protettiva. Diventavo talmente scuro che un giorno, avrò avuto cinque o sei anni, una signora incontrandoci chiese a mia madre: «Che carino questo figliolo, l’ha adottato? Si vede che arriva dall’Africa». E io, risentito: «O signora! Guardi che sono fiorentino purosangue!». La verità? Aveva ragione lei, da bambino diventavo nerissimo. Non so se è merito del fatto che, siccome sono debole di vista, ho sempre mangiato molte carote. Secondo le dicerie aiutano la tintarella.
Per Carlo Conti solo SPF 20
Abbronzato sì, e tanto dunque, ma sempre con buon senso. Nella sacca del mare la crema protettiva, come mi ha insegnato mia madre, non manca mai. Solo che, quando gli altri, i primi giorni di esposizione, usano il fattore di protezione 50, io mi limito al 20. Anni e anni di esperienza mi hanno insegnato che c’è sole e sole: quello dell’Equatore è tutt’altra cosa rispetto al nostro. Così, per dire, quando sono stato in vacanza a Zanzibar, in Africa, ho usato il fattore 30. A qualsiasi latitudine io sia, non conosco soste sotto l’ombrellone. Al caldo mi rilasso, sotto il sole riesco a farmi delle dormite clamorose, non patisco l’afa. Dicono che esporsi troppo al sole faccia male alla pelle, che così invecchia precocemente, che vengono le rughe. Ma cosa volete che me ne importi. Qualche ruga in più e un po’ di grigio tra i capelli, sono una questione anagrafica. L’importante è restare giovani dentro.
Carlo Conti
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