È considerato il migliore amico dell’uomo, ma per un non vedente il cane può rappresentare molto di più, può essere un prezioso sostegno alle attività quotidiane. Occorre però un preciso percorso, lungo circa due anni, per formare un cane guida.
«Anzitutto va detto che le razze più predisposte per questo ruolo sono il Golden Retriever e il Labrador, cani particolarmente socievoli», spiega Corrado Migliorucci, responsabile tecnico della Scuola nazionale cani guida per ciechi della Regione Toscana, situato a Scandicci, in provincia di Firenze. «Il primo step è l’affidamento a una famiglia. All’età di due mesi il cucciolo viene affidato ai cosiddetti puppy walker, genitori adottivi volontari, con i quali, durante un programma di socializzazione lungo circa un anno, apprende come si vive in una famiglia, come ci si comporta in una casa, come ci si muove in una città. Deve abituarsi a tutte le situazioni di vita quotidiana: camminare nel traffico, viaggiare sui mezzi pubblici, salire sulle scale mobili e sugli ascensori, andare al mare e in montagna.
Nei primi mesi della sua vita il cane è curioso, perciò è importante che in quel periodo faccia molte esperienze. I puppy walker, che ovviamente devono essere amanti degli animali, non ricevono alcun compenso, ma non hanno nemmeno spese: sono tutte a carico della scuola di addestramento».
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Il primo addestramento da cucciolo
Dopo questa prima fase, a un’età che oscilla da un anno e due mesi a un anno e mezzo il quattrozampe viene preso in consegna dalla scuola, dove un istruttore qualificato ne testa il temperamento e le abilità. «Per sei mesi», riprende l’esperto, «il cane segue lezioni quotidiane per imparare a muoversi bene nei contesti che presentano delle insidie e degli ostacoli, come i marciapiedi intralciati da pali, auto o lavori stradali, a camminare in aree affollate senza urtare i passanti, a non farsi innervosire dai rumori, a segnalare gli scalini. L’animale diventa una guida per non vedenti soltanto se è capace di affrontare tutto ciò nel modo corretto».
Due settimane per verificare l’affiatamento
La terza e ultima fase, la più delicata, riguarda l’abbinamento del cane con la persona non vedente. «Il quattrozampe e il suo partner designato stanno insieme per un paio di settimane all’interno della scuola di addestramento», spiega Migliorucci. «Durante questo periodo l’istruttore passeggia con il cane e il potenziale assegnatario, capendo dal loro modo di interagire se può esserci affinità. Per esempio, una persona lenta nei movimenti e un animale vivace non sono tanto compatibili». In ogni caso, per avere una guida, il non vedente deve avere un buon orientamento in mobilità, perché nelle situazioni quotidiane è lui che deve determinare, ad esempio, quando attraversare la strada.
Contrariamente a un pensiero abbastanza diffuso, il cane non ha la capacità di identificare se un semaforo è rosso o verde, ma si limita a guidare il padrone per raggiungere l’altro lato della strada evitando che corra dei pericoli: vede gli eventuali ostacoli e glieli fa scansare. Se l’affinità è quella giusta, l’animale viene concesso gratuitamente al non vedente (le scuole d’addestramento si sostengono grazie ai contributi pubblici e privati), che deve farsi carico solo dei costi di mantenimento: cibo, igiene e spese veterinarie.
Le regole di comportamento
La legge consente al non vedente di entrare con il proprio quattrozampe in tutti i locali pubblici e di salire sui mezzi di trasporto senza dover pagare il biglietto. Il cane guida è riconoscibile perché ha un’apposita imbracatura, con una maniglia sulla schiena, impugnata dal padrone. A volte se ne può incontrare uno per la strada o in un locale pubblico. In quel caso è importante rispettare alcune norme di buon comportamento nei suoi confronti: non offrirgli da mangiare, non chiamarlo e non distrarlo con fischi mentre lavora. Se si vuole accarezzarlo, è opportuno chiedere il permesso al non vedente.
E se si ha un proprio cane, meglio non lasciarlo senza guinzaglio vicino a un cane guida quando lavora, anche se quest’ultimo è addestrato a ignorare le distrazioni che lo circondano e a concentrarsi sui bisogni del suo padrone.
Non ultimo, vale la pena soffermarsi sull’aspetto del benessere dell’animale. «Il cane guida, una volta assegnato al non vedente, va accudito, nutrito, pulito e gli si deve riservare una sistemazione idonea», puntualizza l’esperto. «Naturalmente, se l’affidatario vive con altri familiari, tutto diventa più semplice. Il cane, inoltre, ha bisogno di un momento di sfogo quotidiano. Va lasciato libero in un parco almeno una volta al giorno, in modo che possa correre e divertirsi».
Il cane guida resta in servizio per una decina di anni
Al di là dell’aiuto concreto, la compagnia di un cane guida regala benessere, riduce ansia e solitudine. Ma prima o poi arriva anche il tempo del suo meritato «pensionamento». In genere la durata della sua carriera è di otto-dieci anni, dopodiché viene sostituito da una nuova leva più giovane.
«La soluzione migliore per un cane pensionato è restare a vivere con la persona affidataria, in un ambiente che già conosce e nel quale ha passato la maggior parte della propria esistenza», conclude Migliorucci. «Noi vigiliamo affinché, una volta invecchiati, non vengano rinchiusi in un canile. Sarebbe crudele, dopo aver lavorato per tutta la vita. Se il non vedente non può tenerlo lo riprendiamo noi. Del resto, legalmente il cane guida resta sempre di proprietà della scuola, che può prenderlo indietro in ogni momento se non viene trattato con rispetto».
Le tre scuole in Italia
Sono tre le scuole italiane per cani guida ufficiali, affiliate alla Federazione internazionale:
- la Scuola nazionale cani guida per ciechi di Scandicci (Firenze);
- il Centro regionale Helen Keller dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti di Messina;
- il Servizio cani guida dei Lions di Limbiate (Monza e Brianza).
I primi due centri sono pubblici, il terzo è privato, ma tutti forniscono gratuitamente i cani guida ai non vedenti che ne fanno richiesta. La scuola più antica è quella di Scandicci, nata nel 1929 a opera dell’Unione italiana dei ciechi e dal 1979 è un servizio della Regione Toscana.