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Troppe proteine e poco ferro: dieta sbilanciata per i bimbi

I consigli degli esperti per una corretta alimentazione nei primi 36 mesi di vita, tra latte e svezzamento

Vogliamo crescerli forti e in salute come dei piccoli Maciste, ma non sempre riusciamo ad alimentarli nella maniera più giusta. Così, il 50% dei bambini nel primo anno di vita assume troppe proteine con la dieta: il problema si amplifica poi con lo svezzamento, fino a interessare quasi la totalità dei bimbi entro i 36 mesi di vita. E se con le proteine si esagera, affaticando i reni e aumentando il futuro rischio di obesità, dall’altro risparmiamo un po’ troppo ferro, elemento fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso.

A segnare con la matita rossa e blu gli errori più comuni delle mamme sono Claudio Maffeis, docente di Pediatria all’Università di Verona, e Marcello Giovannini, Professore Emerito di Pediatria dell’Università degli Studi di Milano e Presidente della European Academy of Nutritional Sciences (EANS).

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Il latte nel primo anno di vita. Quando il latte viene assunto nella giusta quantità, «copre da solo buona parte del fabbisogno proteico: dal 100% a 6 mesi, fino al 20-80% circa a 3 anni, in base al tipo e alla quantità di latte», spiega Claudio Maffeis. Per evitare di somministrare al bimbo troppe proteine, è bene utilizzare (qualora il latte materno non sia disponibile) «formule di latte a contenuto proteico più simile a quello del latte materno e non il latte vaccino (che contiene quasi 4 volte più proteine del latte umano), sino ad almeno il compimento del primo anno e, laddove la dieta del bambino non fosse ritenuta dal pediatra equilibrata perché troppo ricca di proteine, può essere opportuno non utilizzarlo come fonte lattea principale anche nel secondo anno di vita».

Le proteine nello svezzamento. Dopo l’allattamento esclusivo al seno, «il divezzamento con alimenti complementari al latte materno determina per il bambino un drastico incremento dell’apporto di proteine, che spesso, anche nei bimbi italiani, e 2-3 volte più alto dei fabbisogni», sottolinea Marcello Giovannini. «In questa fase – aggiunge l’esperto – diventa cruciale il tipo di latte che accompagna gli alimenti solidi fino al terzo anno di vita. Latte materno dunque, e in seguito latte formulato a basso apporto proteico. Il latte vaccino non è raccomandato (soprattutto se a ridotto contenuto di grassi) e comunque meglio sarebbe limitarne l’assunzione. Latte vaccino – ricorda il pediatra – significa contenuto di proteine triplo rispetto a quello materno e ben superiore a quelli formulati».

Contro la carenza di ferro. E’ elevata la percentuale di bambini e lattanti che dai 6 ai 36 mesi non copre il fabbisogno quotidiano di ferro, necessario per differenti funzioni biologiche, in particolare per lo sviluppo cognitivo e comportamentale e per quello del sistema nervoso centrale.« Il latte vaccino è povero di ferro – ricorda Giovannini – quindi non va introdotto come alimento latteo principale prima dei 12 mesi, ma anzi è da procrastinare fino a tutto il secondo anno di vita, perchè la disponibilità dei vari tipi di latte formulati, cosiddetti di crescita, arricchiti di ferro, può aiutare ad ottimizzarne l’apporto, naturalmente nel contesto di un divezzamento articolato ed equilibrato nella diversificazione degli alimenti (carne, pesce, uova). Considerata la relativa elevata quantità di macronutrienti di cui i bambini necessitano per la crescita, i lattanti sono un gruppo maggiormente a rischio di deficit di vitamine e minerali (zinco, ad esempio) di cui sono integrati i vari tipi di latte di crescita, senza contare che numerosi studi suggeriscono che la precoce introduzione di latte vaccino può provocare microscopici sanguinamenti intestinali».

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