A differenza di quelli “classici”, i tatuaggi all’hennè spopolano tra bambini e adolescenti, che spesso sulle spiagge si fanno “decorare” la pelle dagli ambulanti, sono indolori e soprattutto temporanei. Tuttavia questa pratica, che ha origini antichissime nei Paesi orientali e nell’Africa settentrionale, non è affatto innocua come si pensa.
Bambini e ragazzi a rischio dermatiti
Uno studio dell’Università degli Studi di Perugia, pubblicato sulla rivista International Journal of Environmental Research and Public Health, ha rivelato che i tatuaggi all’hennè sono sono tra le cause più subdole delle dermatiti da contatto in età pediatrica. Stando ai dati raccolti, nel 50% dei casi presi in esame questa pratica provoca manifestazioni cutanee come prurito, eritemi, vescicole e bolle, orticarie o reazioni sistemiche come linfoadenopatie e febbre entro uno o due giorni dalla prima applicazione. Nel restante 50%, invece, i sintomi compaiono solo dopo un ritocco, fino a 72 ore dalla realizzazione del tatuaggio.
Sotto accusa una sostanza mischiata all’hennè
Se il tatuaggio è eseguito solo con una tintura a base di polvere di henné, che è un prodotto di origine naturale ricavato dalle foglie della pianta Henna (o Lawsonia inermis), è di per sé innocuo per la pelle dell’uomo e nel giro di qualche settimana scompare senza lasciare traccia. Al contrario, se all’hennè viene aggiunta la para-fenilendiammina (PPD), si possono riscontrare danni all’epidermide.
Cos’è la para-fenilendiammina
La para-fenilendiammina (PPD) è una sostanza che spesso viene amalgamata con l’hennè per ottenere un colore più scuro e duraturo nel tempo: si tratta di un colorante blu scuro che, secondo la legislazione europea, è attualmente vietato per uso cosmetico ad eccezione delle tinture per capelli per le quali è consentita a basse concentrazioni, fino al 6%. Il motivo? La para-fenilendiammina (PPD) è uno dei più potenti allergeni da contatto. «Infatti, a causa delle sue caratteristiche molecolari, può indurre sensibilizzazione cutanea con varie manifestazioni cliniche alle ri-esposizioni, tra cui la più comune è la dermatite allergica da contatto» chiarisce Susanna Esposito, professore ordinario dell’Università degli Studi di Perugia e presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici.
Le reazioni causate dalla para-fenilendiammina
«Nelle persone allergiche al composto, in particolare, il tatuaggio temporaneo può scatenare reazioni violente con gonfiore e rossore, mentre in chi ha una pelle molto sensibile e delicata può dare origine a una dermatite irritativa più lieve, ma altrettanto fastidiosa» continua la professoressa.
Si guarisce? Sì, ma ci vuole tempo
Dallo studio è emerso che nella maggior parte dei casi, la persistenza delle lesioni è stata riscontrata anche dopo una settimana dall’inizio della terapia con cortisone e antistaminici e una persistente discromia cutanea è stata osservata anche dopo 4 settimane dalla fine della terapia. Sebbene si arrivi a una risoluzione del prurito e al miglioramento delle lesioni, dopo un anno dalla cura si riscontra spesso una ipopigmentazione cutanea sulla zona in cui è stato eseguito il tatuaggio temporaneo.
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