Si chiamano infezioni da virus respiratorio sinciziale e possono causare bronchiolite e polmonite, specie nei bambini molto piccoli. È una malattia da tenere in grande considerazione per le sue eventuali conseguenze che possono essere anche gravi.
Il virus in questione è un pneumovirus. Praticamente tutti i bambini entro i 4 anni vengono interessati dal virus respiratorio sinciziale. È infatti la causa più frequente di patologia delle vie aeree inferiori nei lattanti ed è responsabile di migliaia di ricoveri ospedalieri ogni anno nei bambini al di sotto dei 5 anni.
In questo articolo
Quali sono i sintomi del virus respiratorio sinciziale?
Generalmente l’esordio è molto simile a quello che accade con raffreddore o influenza stagionale. In alcuni casi però può avere un decorso più importante e manifestarsi con dispnea, quindi difficoltà respiratorie, tosse e rantoli L’apnea può essere il sintomo iniziale dell’infezione da virus respiratorio sinciziale nei neonati sotto i sei mesi di età. In genere se colpisce gli adulti o i bambini sopra i cinque anni non dà problemi particolari, risolvendosi autonomamente come un banale raffreddore.
Nei neonati, ma anche negli anziani e negli immunodepressi bisogna invece fare molta attenzione.
Come si arriva alla diagnosi?
Generalmente è sufficiente la visita dal pediatra o dal medico di base. Esistono test antigenici rapidi, come quelli che abbiamo imparato a conoscere con Covid, che possono rivelarci in pochi minuti se siamo di fronte a questo virus.
Quali sono le terapie?
Non c’è una cura specifica, come purtroppo accade spesso con le malattie di origine virale. Se il bambino non ha difficoltà respiratoria e ha una saturazione superiore al 94% può essere curato a casa, naturalmente in costante comunicazione con il pediatra.
Si usano frequenti lavaggi nasali per aspirare il muco e aerosol con soluzione ipertonica al 3%. Quest’ultima aiuta il piccolo a mobilizzare le abbondanti secrezioni mucose catarrali. A volte vengono utilizzati anche i
broncodilatori per via inalatoria per 3-4 volte al giorno, ma solo se il pediatra vede un effettivo miglioramento dopo aver fatto una prova. Se non è efficace, inutile utilizzarli.
Il cortisone non viene quasi più usato, perché le ultime evidenze scientifiche non hanno evidenziato benefici. Anche gli antibiotici sono spesso inutili, tranne nel caso in cui si sospetti che ci sia anche una infezione batterica.
Quando occorre andare all’ospedale?
Se l’ossigenazione è bassa o il bambino non vuole mangiare, sentito il pediatra, si deve ricorrere alle cure del Pronto Soccorso dell’ospedale. La situazione merita una valutazione più attenta se il neonato ha meno di due mesi o se è nato prematuro.
In ospedale il bambino avrà una terapia di supporto per una corretta ossigenazione del sangue con la somministrazione di ossigeno umidificato e riscaldato e un’adeguata idratazione, qualora l’alimentazione risultasse difficoltosa, attraverso la somministrazione di soluzioni glucosaline per via endovenosa.
Si può prevenire?
Come abbiamo imparato con la pandemia da Covid alcune regole di igiene aiutano ad abbassare il rischio di bronchiolite. Oltre al lavaggio delle mani prima di toccare il bambino, bisogna fare attenzione a:
- non fumare mai in casa e considerare anche il fumo di terza mano. I bambini ricoverati hanno il doppio delle probabilità di aver bisogno dell’ossigenoterapia e hanno 5 volte più probabilità di aver bisogno della ventilazione meccanica se anche solo un membro della famiglia fuma in casa;
- allattare i neonati al seno se possibile e stare molto attenti a un’adeguata idratazione;
- limitare il più possibile il contatto con bambini, ma anche adulti che abbiano infezioni delle vie aeree;
- fare frequenti lavaggi nasali con soluzione fisiologica o ipertonica.
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