Nessuno lo aveva previsto: sembrava solo un innocuo gioco per ragazzini, che attraverso la realtà aumentata poteva addirittura combattere sedentarietà e depressione. Ma sono bastati pochi giorni per capire che dietro alla app di Pokemon Go si nascondono pericoli molto seri, per la salute di grandi e piccini.
Che cosa è. Pokemon Go è un gioco per smartphone basato sulla realtà aumentata: attraverso l’obiettivo della fotocamera, consente di visualizzare gli omonimi mostriciattoli giapponesi nell’ambiente reale per dare loro la caccia. Sulla base degli indizi che compaiono sullo schermo del telefonino, gli utenti danno vita a dei veri e propri inseguimenti per strada, al parco, in spiaggia, guidati dal Gps che permette la geolocalizzazione.
Un fenomeno virale. Subito dopo il lancio, l’app è diventata popolarissima in tutto il mondo, creando spesso inconvenienti e situazioni imbarazzanti: i media statunitensi riportano ad esempio la vicenda di una ragazza nel Wyoming che si è imbattuta in un cadavere mentre gironzolava in un parco alla ricerca dei Pokemon, mentre il gioco è stato bandito da luoghi come Auschwitz e il Museo dell’Olocausto di Washington per mettere fine agli irrispettosi inseguimenti che avevano portato scompiglio in questi luoghi della memoria.
Più attività fisica. Subito dopo l’uscita di Pokemon Go, si era iniziato a parlare di possibili benefici per la salute dei giocatori. Per inseguire Pikachu e gli altri mostri tascabili, infatti, si è costretti ad uscire di casa e a muoversi: per questo si era pensato che l’app potesse essere un’esca per invogliare anche i ragazzini più pigri e sedentari a fare attività fisica.
Contro la depressione. A pochi giorni dal lancio di Pokemon Go negli Stati Uniti – sottlinea il sito psychcentral.com – si sono moltiplicati i tweet entusiasti di utenti che elogiavano il gioco per i suoi effetti benefici su disturbi psicologici e comportamentali. «Pokemon Go ha cambiato la mia vita in meglio in appena una settimana», scrive ad esempio una giocatrice, che aggiunge: «sto combattendo con un disordine della personalità borderline, depressione e ansia, e mi ha aiutato a uscire di casa». Un altro utente afferma: «Pokemon Go è già un trattamento migliore per la mia depressione di quelli che mi hanno dato terapisti e medici». Sul profilo Twitter di una tale Amy si legge: «Pokemon Go mi fa venire voglia di uscire dalla mia camera e interagire con le persone finalmente dopo anni di depressione».
Occhi stanchi e ossa rotte. Pokemon Go sta trasformando milioni di persone (adulti compresi) in veri e propri zombie che camminano per strada con gli occhi incollati allo smartphone, totalmente incuranti di quello che accade intorno nel mondo reale. Paradossalmente, il danno minore riguarda proprio la vista, con gli occhi puntati per ore su schermi tanto piccoli. Il vero pericolo viene dall’abbattimento del confine che separa mondo reale e mondo virtuale: i giocatori, completamente rapiti dalla caccia al Pokemon, si lanciano negli inseguimenti senza prestare attenzione a ciò che li circonda e spesso finiscono involontariamente per causare scontri e incidenti stradali. In queste ore si stanno moltiplicando i casi di ragazzini finiti all’ospedale con fratture e ferite.
Rapinatori e pedofili. «La realtà aumentata e la geolocalizzazione rischiano di esporre i piccoli giocatori a non pochi pericoli, primo fra tutti l’adescamento da parte di adulti malintenzionati con gli scopi più diversi, dalla rapina all’abuso sessuale». A lanciare l’allarme sono gli esperti di Telefono Azzurro, che affermano: «episodi come quello del Missouri, dove tramite l’applicazione quattro rapinatori armati hanno attirato e derubato 11 adolescenti in una zona isolata, non devono più accadere». «Nel mondo virtuale, purtroppo, le differenze di età sono annullate, e questo rischia di essere una grossa fonte di pericoli per i minori che si ritrovano soli e senza difese, esposti alle mire di malintenzionati», dice Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro e docente di Neuropsichiatria Infantile. «È proprio in questi spazi che si insinuano sempre di più i fenomeni dell’adescamento online e della pedofilia: da un lato, occorre che bambini e ragazzi sviluppino una maggiore responsabilità nell’uso di questi strumenti; dall’altro, sono le aziende sviluppatrici di nuove tecnologie a dover giocare un ruolo chiave per garantire che gli strumenti da loro promossi non possano in nessun modo mettere a rischio i minori».
di Elisa Buson
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