È ricoverata nel reparto Malattie infettive dell’Ospedale Maggiore di Trieste la pediatra che ha scoperto di avere la tubercolosi. Le sue condizioni non sono preoccupanti, anche se ha la forma conclamata della malattia. Dopo la scoperta 3.490 bambini sono stati richiamati in via precauzionale per verificare se siano stati contagiati o meno.
La dottoressa lavora a Trieste, dove si occupava di vaccini in convenzione con l’Azienda sanitaria universitaria integrata, nei distretti 1, 2 e 3 ed è stata in servizio fino al 15 settembre scorso quando la sua situazione si è aggravata.
Tutti i pazienti dagli 0 ai 6 anni, che negli ultimi mesi sono stati vaccinati nell’ambulatorio della pediatra, saranno sottoposti al test della tubercolina per verificare se sono entrati in contatto o meno con il germe della tubercolosi. Anche gli adulti che sono entrati in contatto con la dottoressa per più di 8 ore in luogo chiuso sono stati controllati, anche se la possibilità di contagio negli adulti non è elevata.
Com’è possibile che la signora, che è una dottoressa, non se ne sia accorta prima? «Effettivamente una tbc bacillifera come quella che ha colpito la pediatra dà sintomi specifici come tosse, dimagrimento e febbricola» spiega Susanna Esposito, medico pediatra dell’Università di Milano specializzata in infettivologia (puoi chiederle un consulto qui).
«Quello che è successo segnala però due elementi – continua Susanna Esposito, che è anche Professore Associato di Pediatria della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano – innanzitutto la necessità di fare molta attenzione ai sintomi. L’esecuzione di una radiografia del torace avrebbe portato in questo caso a una diagnosi precoce. Il secondo punto è che è importante che le strutture controllino le condizioni di salute dei propri lavoratori. Il fatto è che a livello territoriale questo controllo non c’è. Nelle strutture ambulatoriale convenzionate con le Asl non mi risulta che ci sia un controllo sistematico».
Cosa può avvenire nei bambini con la tbc?
«Nei bambini possiamo avere una forma polmonare, il cosiddetto complesso primario, che può essere di lieve entità. Nelle forme secondarie in chi ha avuto un contatto diretto con soggetti già malati nei bambini nei primi anni di vita possiamo avere delle situazioni polmonari gravi e progressive e i sintomi classici. C’è una quota di bambini che può sviluppare anche una meningite polmonare: qui la condizione è molto grave. La diagnosi precoce blocca questa progressione».
Francesco Bianco
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