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Il cervello dei papà è più attento alle figlie femmine

Questo si riflette anche nei comportamenti, diversi da quelli tenuti con i maschietti: resta da capire se sia un istinto innato o un retaggio culturale

Le figlie femmine hanno un posto speciale nel cuore dei papà, ma anche nel loro cervello. Fin dai primi mesi si dimostra infatti molto più attento e sensibile di quanto non sia nei confronti dei figli maschi. Lo indica uno studio pubblicato su Behavioral Neuroscience dalla Emory University di Atlanta, negli Stati Uniti.

Lo studio

I ricercatori hanno esaminato il comportamento quotidiano di 52 uomini, padri di 22 maschietti e 30 femminucce tra i 12 e i 36 mesi di vita. Le loro interazioni sono state documentate da un registratore portatile che i papà hanno indossato per due giorni sulla cinta dei pantaloni, e che di notte veniva riposto nella cameretta dei bambini per registrare eventuali scambi in caso di risveglio dei piccoli. Lo studio comportamentale è stato poi combinato con l’analisi dell’attività cerebrale dei papà, valutata attraverso la risonanza magnetica del cervello mentre osservavano foto con i volti dei loro figli mescolate a quelle di adulti e bambini sconosciuti.

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Più attenti con le femminucce

Dall’elaborazione dei dati è emerso che il rapporto speciale tra padri e figlie si instaura fin dai primi mesi di vita. «Davanti al pianto o al richiamo dei figli, i papà delle bambine tendono ad essere più reattivi rispetto ai padri dei bambini», spiega la coordinatrice dello studio, Jennifer Mascaro. Il cervello dei genitori reagisce più velocemente perfino al volto sorridente delle figlie rispetto a quello dei maschietti, accendendo subito i neuroni coinvolti nell’elaborazione delle informazioni visive, nella regolazione delle emozioni e nella gratificazione.

Un rapporto più emotivo

In base al genere del figlio cambia anche il tipo di interazione. Con le bambine, i papà tendono a cantare più spesso canzoncine e a utilizzare parole associate alle emozioni tristi come “piangere”, “lacrime”, “sola”. Con i maschietti, invece, i giochi diventano più fisici, mentre le parole più utilizzate hanno a che fare con la sfera del potere e del successo, come ad esempio “migliore”, “vincere” e “super”.

Le conseguenze a lungo termine

Resta da capire se questi comportamenti abbiano una ragione biologica, legata all’istinto e all’evoluzione, o se siano solo un effetto dei pregiudizi di genere di cui è imbevuta la nostra cultura. «Dovremmo essere più consapevoli del modo in cui le nozioni di genere possano influire inconsciamente sul modo con cui trattiamo perfino i bambini piccoli», ricorda Mascaro. E il motivo è che spesso le interazioni nei primi mesi di vita finiscono per plasmare la personalità del bambino, la sua empatia e la capacità di gestire le emozioni da adulto.

Brave a scuola, tristi allo specchio

Alla luce di questa considerazione, fa molto pensare il fatto che i papà tendano ad usare un linguaggio più analitico con le femminucce, pronunciando termini come “tutto”, “sopra”, “molto”, che studi precedenti hanno associato al conseguimento di migliori risultati scolastici. E suona pure allarmante il fatto che questi papà parlino con le figlie usando molto spesso parole associate a parti del corpo, come “faccia”, “pancino”, “guance”. I ricercatori si domandano se proprio questa maggiore attenzione al fisico possa essere alla base dell’immagine distorta del corpo che hanno molte adolescenti.

Le emozioni trascurate dei maschietti

Problemi potrebbero insorgere anche per i maschietti, come ricorda Mascaro: «È importante riconoscere il fatto che i papà sono meno attenti ai bisogni emotivi dei maschi, magari anche in maniera inconsapevole. Riconoscere le emozioni fa bene a tutti, non solo alle bambine». Il loro silenziamento, al contrario, può portare in età adulta a sviluppare depressione, insoddisfazione per la vita di coppia e una minore capacità di chiedere aiuto in caso di problemi psicologici.

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