Post di Elvira Brattico, ricercatrice di neuroscienze
all’Università di Helsinki in Finlandia.
Vivendo all’estero mi capita di discutere spesso con altre mamme italiane di bambini bilingui o trilingui. Ci chiediamo insieme quali siano le conseguenze e se siano positive o negative.
Ricerche recenti hanno evidenziato i vantaggi e gli svantaggi del bilinguismo. È senz’altro positivo che un’esposizione a una seconda lingua in tenera età renda più «intelligenti» migliorando il controllo cognitivo e le funzioni esecutive (guarda la ricerca). Inoltre, pare che essere bilingue sia un fattore di rallentamento della comparsa di sintomi di demenza senile e sindrome di Alzheimer, probabilmente come conseguenza di una migliore conservazione della materia bianca del lobo frontale del cervello (guarda la ricerca). Non da ultimo, per i bilingue risulta semplice imparare una terza o addirittura una quarta lingua.
L’altra faccia della medaglia è che in molti studi è stato provato che nei bilingue si riscontra un rallentamento delle risposte in compiti lessicali nonché del processamento neurale dei suoni linguistici. Si tratta di rallentamento di una manciata di millisecondi ma che crea il fenomeno del rimanere con la parola «sulla punta della lingua». I bilingui possiedono anche un lessico piùpovero rispetto ai monolingue. In presenza di una predisposizione genetica poi, risulta più probabile la comparsa di disturbi del linguaggio.
Tutto sommato, comunque, i vantaggi sono così sostanziali da rendere il blinguismo un’importante risorsa per il futuro dei nostri figli più che un fardello. Tanto che recentemente stanno prendendo piede numerose iniziative a favore del bilinguismo, come ad esempio un blog che ne supporta l’impostazione persino in famiglie e ambienti completamente monolingue.
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