Chi pensa che i robot, a sostituzione dell’uomo in ospedale, ‘spersonalizzino’ l’approccio medico dovrà ricredersi. In un anno, da quando è stato ‘assunto’, il robot-infermiere del reparto di neonatologia della Clinica Mangiagalli ha fatto risparmiare alle infermiere ben 5 mila ore di lavoro nella preparazione delle terapie farmacologiche. In pratica, trecentomila minuti trasformati, invece, in coccole e carezze per i neonati ricoverati, molti grandi poco più di una mano, e in conforto e assistenza ai genitori nel momento di difficoltà.
Il braccio robotico miscela in autonomia le preparazioni da iniettare nei neonati, in condizioni di assoluta sterilità e con estrema precisione, essendo collegato a un software che regola i dosaggi esatti per le terapie. Un valido aiuto per il personale infermieristico in carne e ossa considerato che nel reparto milanese, uno dei più grandi d’Europa, ogni anno vengono somministrate 125 mila terapie neonatali, di cui 42 mila per via endovenosa e molte necessitano di preparazioni farmacologiche complesse. «Disporre di un sistema robotizzato per la preparazione di queste terapie permette di azzerare il possibile errore umano e consente inoltre agli infermieri di utilizzare il tempo così risparmiato in pratiche assistenziali più utili», commenta Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia Intensiva Neonatale della Fondazione Ca’ Granda Policlinico.
Il progetto, che è stato battezzato appunto ‘Il robot e la carezza’, è diventato realtà con la generosità dei clienti Vodafone: nell'ambito dell’iniziativa ‘Ricarica insieme’ in cui a ogni euro donato dai clienti Fondazione Vodafone ne ha aggiunto un altro, sono stati raccolti 600 mila euro che hanno interamente supportato la collaborazione tra Aistmar Onlus (Associazione Italiana per lo Studio e la Tutela della Maternità ad Alto Rischlo) e il reparto.