Siano benedetti i campi estivi: mamma e papà possono andare a lavorare tranquilli sapendo che i loro pargoli sono seguiti e accuditi da orde di animatori e insegnanti che li aiutano a imparare l’inglese, a giocare a tennis o a conoscere la natura. La giornata è programmata, scandita da una serie infinita di attività educative e ludiche che tengono i ragazzi impegnati senza lasciarli a vegetare sulla poltrona di casa. Ma siamo proprio sicuri che questa faccia la loro felicità e non solo quella dei genitori? Lo abbiamo chiesto all’esperta di Ok Salute Anna Oliverio Ferraris, psicologa e psicoterapeuta (puoi chiederle un consulto qui), che parlerà dell’importanza del gioco a “Momenti di Felicità 2015”, il primo Festival della Psicologia en plein air in programma il 27 e 28 giugno a Torino.
I campi estivi fanno bene ai ragazzi?
Sì, purchè le attività non siano tutte interamente organizzate dagli adulti. Va bene imparare l’inglese, giocare a tennis o fare equitazione, ma poi bisogna lasciare degli spazi liberi in cui i ragazzi abbiano la possibilità di organizzare autonomamente il loro divertimento.
Adulti troppo invadenti?
Il mondo dei ragazzi è sempre più gestito dagli adulti: la scuola, la piscina dopo la scuola, le ripetizioni… Se c’è sempre la presenza invadente dell’adulto che regola e organizza tutto, il bambino si affida ed esegue solamente. Invece è importante che impari ad organizzarsi con i suoi coetanei, per imparare a convincere gli altri, a proporre giochi accattivanti, ma anche a difendersi in caso di ingiustizie e a fare la pace in caso di litigi. Spesso vediamo adulti che intervengono troppo, per esempio imponendo di fare subito la pace, ma i bambini hanno i loro tempi, molto diversi da quelli degli adulti.
Allora la parola d’ordine è più libertà: ma per fare cosa?
E’ importante che i bambini riscoprano i vecchi giochi di movimento fatti all’aria aperta con gli amici: possono giocare a rincorrersi, a nascondino o a costruire una “tana” fuori casa. L’importante è che siano giochi liberi, spontanei, dove loro stessi possono decidere le regole. Fondamentale è la fantasia: spesso conta più l’invisibile, l’atmosfera che si crea con la propria immaginazione, che il giocattolo sempre pronto, lì, ben visibile.
Colpa dei genitori che riempiono di giocattoli hi-tech?
In questi anni osserviamo sempre più spesso bambini cresciuti da soli in casa, davanti allo schermo di un videogioco, lasciati lì per ore dopo la scuola perché così fa comodo ai genitori. Ma non è possibile allevare questi ragazzi in casa, sulla poltrona, come fossero dei pensionati malati: le loro esigenze sono diverse. Farlo è un segno di grande trascuratezza, come se i genitori non volessero accorgersi dei bisogni psicologici dei propri figli.
Cosa rischiano a passare troppo tempo chiusi “in gabbia”?
In queste condizioni i bambini non imparano a socializzare, si abituano alla solitudine e si annoiano con tutto. Crescendo rischiano di diventare adolescenti e poi adulti sempre più timidi e introversi, incapaci di rendersi veramente autonomi.
Il gioco è la soluzione?
Il gioco è libertà, fa crescere dal punto di vista fisico e psicologico. Studi scientifici hanno dimostrato che i giochi di movimento stimolano la produzione di una proteina, chiamata C-Fos, che nutre il sistema nervoso favorendo la plasticità del cervello. Una ricerca condotta negli Stati Uniti, condotta nell’arco di oltre 30 anni, ha dimostrato che grazie al gioco all’aria aperta i bambini diventano adolescenti più autonomi, sicuri, coraggiosi, meno dipendenti dalle mode, dall’alcol e dalle droghe.
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