Probabilmente non è un caso che si parli di “lingua madre”: fin dalla culla, infatti, i bambini sanno riconoscere le persone che parlano la loro stessa lingua e le osservano con più attenzione, filtrando così la moltitudine di stimoli che li bombardano dall’esterno per apprendere più facilmente il sapere condiviso della propria cultura. E’ quanto dimostra uno studio coordinato dalla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology.
In una prima serie di esperimenti, alcuni bambini di 12 mesi sono stati indotti a familiarizzare con degli individui che parlavano la loro stessa lingua madre e con altri che parlavano una lingua diversa. In una sessione successiva, i bimbi hanno osservato dei brevi filmati in cui le persone appena conosciute indicavano con lo sguardo alcuni oggetti. L’analisi del comportamento dei piccoli ha mostrato che questi guardavano più spesso gli oggetti indicati dalla persona che parlava la loro lingua, rispetto a quelli indicati dagli stranieri. Esperimenti successivi hanno dimostrato che questo effetto è già presente nei bambini di soli 5 mesi.
«Il riconoscimento della lingua parlata dagli interlocutori stimola nei bambini l’apprendimento sociale già molto precocemente: tendono infatti ad assorbire preferibilmente le informazioni offerte dalle persone che vengono riconosciute come appartenete al loro stesso gruppo culturale», spiega la coordinatrice dello studio, Hanna Marno. «Il linguaggio è un indizio che indirizza l’apprendimento: può sembrare limitante – sottolinea la ricercatrice – ma i bambini sono esposti a una mole enorme di stimoli, e per questo hanno bisogno di strategie per distribuire efficacemente il loro potenziale attentivo, massimizzando insieme l’apprendimento dell’informazione rilevante. Scegliere chi parla la nostra lingua è un buon modo per essere sicuri che ciò che si impara ci sarà poi utile nella vita».
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