Ci sono fasi della crescita in cui non sempre è facile relazionarsi con i più piccoli. Una delle più complesse è quella dei continui “perché?”, in cui i bambini passano il tempo a porre grandi quesiti ai genitori. Le continue domande spesso sono generate anche da un bisogno di attenzione e rassicurazione, perciò è di fondamentale importanza calibrare bene la risposta, esprimendosi con un linguaggio semplice e diretto.
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Non tutti i bambini vivono questa fase
In linea generale la fase dei “perché?” si verifica tra i 2 e i 3 anni per proseguire anche fino ai 7. E se vostro figlio rientra appieno in questa fascia di età, ma non vi ha mai chiesto nessuna spiegazione? Non tutti i bambini la attraversano per forza o lo fanno in maniera uguale. Non c’è da preoccuparsi in nessun caso, bisogna solo rispondere in maniera adeguata.
Genitori: come comportarsi nella fase dei “perché?” dei bambini
Mai fingere di non aver sentito
Mai ignorare le domande scomode. «Questo atteggiamento rischia di generare uno stato di insicurezza e di accentuare il bisogno di attenzioni», afferma Chiara Bosia, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Se quando viene posta la domanda non c’è il tempo necessario per rispondere, si può rimandare a un altro momento della giornata. È importante, però, ricordare che dobbiamo validare ogni motivazione e far sentire il bambino ascoltato e accolto con una spiegazione il più possibile chiara e concreta. «Attraverso i “perché?” il bambino crea una propria visione del mondo ed è quindi essenziale aiutarlo in questo percorso».
Bambini, fase dei “perché?”: serve sincerità
Niente risposte evasive o bugie. Quando una domanda viene ignorata, il piccolo, non percependo la presenza della figura adulta, sarà portato a credere di doversela cavare da solo nei momenti di difficoltà. «Pertanto, è giusto affrontare anche le domande più difficili con sincerità, in quanto l’essere evasivo del genitore porterebbe il bambino a pensare che non vale la pena essere curiosi o ascoltati. Se siamo stati colti alla sprovvista, possiamo spiegare al bambino che la sua domanda è molto importante e che abbiamo bisogno di tempo per pensare alla risposta migliore», continua Bosia.
Non dire “te lo spiegherò quando sarai più grande”
«La curiosità dei bambini è limpida e senza alcuna malizia o pregiudizio, contrariamente a quanto accade a noi adulti che proviamo disagio e inadeguatezza di fronte a certe domande», aggiunge l’esperta. Rimandare la spiegazione a un momento indefinito di un lontano futuro sminuisce il valore della domanda stessa e fa percepire al piccolo come sbagliata la propria richiesta. Anche in questo caso, meglio prendersi del tempo, confrontarsi con il partner e trovare una risposta in accordo tra i genitori.
Bambini, fase dei “perché?”: la bugia porta a perdita di sfiducia
«Solo per fare un esempio: mai dire “quando mamma e papà si baciano la mamma resta incinta e nasce un bimbo». Dare risposte fuorvianti può contribuire alla formazione di una visione irrealistica del mondo circostante. Può inoltre causare una perdita di fiducia da parte del bambino nei confronti dei genitori, una volta scoperta la verità.
Importante anche porre dei limiti con il dialogo
I bambini iniziano a comprendere l’ironia solamente intorno ai 6 anni. «Per questo motivo, è bene utilizzare parole semplici e dirette senza giri di parole o l’utilizzo di un linguaggio complesso con eccessivi dettagli». Ricordate: in questo periodo è l’adulto a essere l’unico riferimento per il piccolo. Questa fase va assecondata, ma è anche giusto porre dei limiti. L’ideale è instaurare un dialogo chiedendo al piccolo il perché o secondo lui/lei cosa sta succedendo, coinvolgendo il bimbo in un tentativo di risposta.