Benessere

Ansia da email? Perché la posta elettronica è fonte di stress

Dalla tendenza a procrastinare alla pressione di essere sempre reperibili, la gestione delle comunicazioni sul lavoro può farci sentire sopraffatti

Le e-mail sono una componente fondamentale della vita lavorativa, rappresentando uno dei principali mezzi di comunicazione professionale. Sebbene siano un metodo rapido ed efficace per raggiungere i destinatari in modo formale, un fenomeno noto come ‘”e-mail anxiety” o “ansia da e-mail” è emerso tra i lavoratori. Vediamo di cosa si tratta.

Ansia da email: un fenomeno diffuso

Una ricerca commissionata da Babbel, la piattaforma digitale per l’apprendimento delle lingue, all’istituto OnePoll e condotta negli Stati Uniti, ha esaminato l’impatto della posta elettronica e del suo linguaggio sulla vita lavorativa, sul benessere mentale e sul comportamento delle persone.

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Dalla ricerca emerge che per 6 statunitensi su 10 l’elevato volume di e-mail lavorative ricevute aumenta il proprio livello di stress. Il 39% dei rispondenti spera, tra 5 anni, di ricevere meno e-mail. Al contrario, il 25% si auspica di riceverne di più, il che potrebbe riflettere una maggiore predilezione verso le e-mail rispetto ad altri mezzi di comunicazione, come ad esempio le telefonate.

La natura formale e “irrecuperabile” delle email (a differenza di altre piattaforme di messaggistica che offrono una funzione “cancella per tutti”), spiega poi perché il 28% degli intervistati afferma che le e-mail hanno avuto un impatto negativo sulla propria carriera. Quasi 9 persone su 10 (88%) dichiarano di essersi pentite del contenuto di una e-mail di lavoro subito dopo aver premuto il tasto invio. Questo sentimento di rimpianto è un’esperienza comune anche per la Gen Z, vissuta dal 21% degli impiegati tra i 18 e i 24 anni.

Ansia da email: contribuisce anche la tendenza a procrastinare

A contribuire all’ansia da e-mail, è poi la tendenza a procrastinare l’apertura delle e-mail:

  • 1 statunitense su 100 ha attualmente più di 50.000 e-mail non lette nella casella di posta elettronica di lavoro. Il 18% dei rispondenti ne ha più di 1.000 ed il 6% oltre 5.000.
  • La Gen Z registra la maggior difficoltà a tenere sotto controllo le e-mail. Oltre un terzo (36%) degli impiegati appartenenti a questa generazione ha circa 1.000 e-mail non lette.

Ansia da email: l’impatto delle aspettative sul benessere dei lavoratori

Lo studio “Killing Me Softly: Organizational E-mail Monitoring Expectations’ Impact on Employee and Significant Other Well-Being” ha analizzato come le aspettative organizzative di monitorare la comunicazione elettronica legata al lavoro durante le ore non lavorative influiscano sulla salute e sulla soddisfazione relazionale dei dipendenti e dei loro familiari.

William Becker, professore alla Virginia Tech e coautore dello studio, osserva che i risultati della ricerca dimostrano che «i dipendenti non hanno bisogno di dedicare del tempo effettivo al lavoro nelle ore libere per sperimentare gli effetti dannosi. Le semplici aspettative di disponibilità aumentano la tensione per i dipendenti e i loro cari, anche quando i dipendenti non si impegnano nel lavoro effettivo durante il tempo libero», come riporta il sito della Virginia Tech.

Il diritto alla disconnessione e la necessità di trovare un equilibrio

Secondo il rapporto di EurofoundRight to disconnect: implementation and impact at company level, basato su un sondaggio tra i dipendenti e un questionario compilato dai responsabili delle risorse umane in quattro paesi (Belgio, Francia, Italia e Spagna), circa il 45% degli intervistati ritiene che essere contattati al di fuori dell’orario di lavoro sia dannoso per l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, nonché per la salute e il benessere, con un numero maggiore di donne rispetto agli uomini.

Il report evidenzia che attuare politiche di diritto alla disconnessione ha effetti positivi sull’equilibrio tra vita professionale e privata, sulla salute, sul benessere e sulla soddisfazione lavorativa complessiva. Tuttavia, queste politiche da sole non sono sufficienti a produrre un cambiamento culturale sul luogo di lavoro. Servono anche azioni di sensibilizzazione, formazione e misure efficaci per limitare la connessione al di fuori dell’orario di lavoro, adattandole allo specifico ambiente lavorativo.

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Aurora Pianigiani

Collabora con OK Salute e Benessere e si occupa di comunicazione in ambito medico-scientifico e ambientale. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, si è formata nel settore dei media digitali e del giornalismo. Ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e della Salute presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e contestualmente ha scritto articoli per testate giornalistiche che svolgono attività di fact-checking.
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