È ormai constatato che il cane sia “il migliore amico dell’uomo”. Un irrinunciabile compagno di vita capace di donare affetto incondizionato e comprendere lo stato d’animo del padrone, seppur stando in silenzio. Studi scientifici ne hanno dimostrato gli effetti sulla salute mentale e fisica. Ma, la novità è che il contatto con questi amici a 4 zampe porta a livelli sempre più elevati di attività nella corteccia prefrontale del cervello.
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I meccanismi alla base dell’interazione uomo-animale
Come evidenziano diverse ricerche, l’interazione con un cane ha effetti positivi sulla riduzione dei parametri dello stress quali pressione sanguigna, frequenza cardiaca o livello di cortisolo, e sull’ aumento delle sostanze associate al legame o al piacere (endorfine, ossitocina e prolattina). Ma, quali sono i meccanismi alla base dell’interazione uomo-animale?
Di qui un nuovo studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Basilea, in Svizzera, ora pubblicato su PLOS ONE, si è posto l’obiettivo di analizzare i cambiamenti nell’attività della corteccia prefrontale, la regione chiave del cervello umano che aiuta a regolare e gestire le interazioni sociali ed emotive.
Lo studio
Lo studio ha preso in esame un campione di 21 individui sani di età superiore ai 18 anni (10 donne e 11 uomini), sottoposti a 6 sessioni. In 3 di queste, i partecipanti hanno avuto contatti con un cane, mentre nelle altre 3, definite di “controllo”, hanno interagito con un animale di peluche riempito con acqua per ricreare temperatura e peso di quello reale.
Per valutare l’attività cerebrale del campione i ricercatori hanno utilizzato una tecnologia di neuroimaging attraverso la quale sono state rilevate emoglobina ossigenata, deossigenata e totale, oltre alla saturazione di ossigeno del sangue nel lobo frontale.
I risultati hanno mostrato che l’attività della corteccia prefrontale era maggiore quando i partecipanti interagivano con il cane “vero” e che questa differenza era più ampia quando lo coccolavano, ovvero quando si verificava la situazione più interattiva delle tre sottoposte a test. Nel caso dell’animale di peluche, l’attivazione cerebrale si è rivelata minore, «evidenziando una componente di socialità differente» spiegano gli autori.
Il ruolo cruciale dei cani negli interventi terapeutici
In conclusione, lo studio dimostra come l’interazione e il contatto con un cane attivi processi di attenzione ed emozione più forti rispetto a stimoli non viventi. «I nostri risultati suggeriscono il ruolo cruciale dei cani, clinicamente rilevante per i pazienti con deficit cognitivo e socioemotivo. – concludono gli autori – Il coinvolgimento degli animali negli interventi terapeutici potrebbe quindi essere un approccio promettente per migliorare la salute mentale di tali individui».