Avevo solo tre anni e mezzo quando sono stata colpita da una brutta polmonite. Nonostante le dovute cure, invece di guarire si aggravava sempre più, fino a trasformarsi in pleurite. È stato allora che le analisi hanno fornito la prima rivelazione sul mio stato di salute: le mie difese immunitarie erano troppo scarse. E poi, con ulteriori approfondimenti, è arrivata la diagnosi precisa: ero affetta da neutropenia, una malattia
autoimmune che determina una riduzione del numero dei globuli bianchi, fondamentali per proteggere dalle infezioni.
Pochissimi globuli bianchi
Ne avevo meno di un migliaio, contro i consueti e necessari 5-6mila. La mia era una malattia talmente rara da contare, all’epoca, non più di una ventina di casi in tutta Italia. E proprio per questo, non solo non se ne conoscevano le cause (per qualche medico non c’erano, per altri erano i troppi antibiotici che avevo assunto contro la polmonite), ma, soprattutto, considerato che stiamo parlando di circa trent’anni fa, non esisteva alcuna cura.
Ero delicata ma piena di vita
Sono stata ricoverata qualche settimana al reparto ematologia dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, per essere tenuta sotto stretta osservazione e controllare approfonditamente tutti i valori del sangue. Poi, sono stata dimessa con l’obbligo di tornare regolarmente in ospedale ogni tre giorni a fare le analisi: un peso enorme per un bimba ancora così piccola. Ma io, per fortuna, avevo un ottimo carattere: ero allegra e vivace, facevo danza e amavo stare con i miei coetanei. Ero tanto fragile quanto piena di vita.
Nessuna cura sperimentale
Per questo mia mamma ha rifiutato la proposta dei medici di sottopormi a cure sperimentali e ha scelto di farmi fare una vita più vicina possibile alla normalità, cedendo alle mie insistenze di andare all’asilo pur con tutti gli accorgimenti del caso: lavarmi spesso le mani, non mangiare con le posate usate dagli altri bambini, non sbucciarmi le ginocchia, giocare senza scalmanarmi, stare sempre coperta per non prendere freddo o, al
contrario, non sudare. Tutto il possibile, insomma, per cercare di evitare infezioni di qualunque genere. Perché bastava un nonnulla per farmi ammalare, e in maniera molto più accentuata rispetto a chiunque altro.
Mi sono ammalata spesso
Ovviamente non ne sono sfuggita: ho avuto febbri altissime e sfibranti, e ho ripetuto più volte le classiche malattie dei bambini, come il morbillo, gli orecchioni e la rosolia. Ma sono certa che vivere la mia vita, invece di restare chiusa sotto una campana di vetro, sia stato molto più salutare. Non mi sono mai abbattuta, neanche quando tutti quei prelievi mi facevano sentire debole e mi venivano le occhiaie. E neppure quando sono stata nuovamente ricoverata per un prelievo di midollo osseo, per scongiurare ulteriori rischi. Le analisi, col tempo, riscontravano via via un progressivo miglioramento, permettendomi
di dilatare gradualmente la loro periodicità.
Il ciclo mestruale ha stabilizzato i globuli bianchi
E a 13 anni, con l’arrivo del primo ciclo mestruale che ha stabilizzato la presenza dei globuli bianchi, tutto è finalmente tornato alla normalità. Per un paio d’anni ho continuato a sottopormi ai controlli periodici, fino a quando ho raggiunto la regolare soglia dei 5mila globuli bianchi. E intanto avevo fatto anche un cambio radicale di vita e di ambiente, che sono certa abbia influito positivamente. Perché nei momenti difficili serve reagire con energia e positività, e tengo davvero molto a sottolinearlo.
Oggi posso anche donare il sangue
Adesso mi sottopongo ai normali controlli periodici, che proprio di recente mi hanno finalmente dato il via libera anche a donare il sangue, e assumo farmaci solo se strettamente necessario. In compenso, mi faccio un beverone vitaminico ogni mattina a base di limone, zenzero, miele e curcuma, e tanta attività fisica, dalla danza alle arti marziali, per rafforzare le difese immunitarie.
Angélique Cavallari (testimonianza raccolta da Grazia Garlando per OK Salute e Benessere)
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