La erre moscia è diventata il tratto distintivo di alcuni personaggi noti: in tv Renzo Arbore e Maria De Filippi, Marisa Laurito e Gad Lerner, in politica Giulio Tremonti e Fausto Bertinotti. Dai tempi di Gianni Agnelli, può conferire addirittura una patina chic alla parlata.
Se il difetto mette in crisi
C’è però chi non la vive nello stesso modo e la subisce come una disabilità. Specie nei bambini, questo difetto di pronuncia può addirittura far vacillare l’autostima e compromettere la tranquillità psicologica.
«Le cause di una scorretta pronuncia delle parole che contengono la lettera erre non sono genetiche e quindi non hanno nulla a che fare con la forma della bocca o della lingua», spiega la logopedista milanese Eleonora Carravieri. «Dipendono a volte da una ritardata maturazione dei movimenti necessari a pronunciare la erre, cosa che normalmente avviene entro gli otto anni di età, o più spesso da un cattivo apprendimento dei suoni del linguaggio».
Se, per esempio, un bambino vive con la mamma, il papà, gli zii o i nonni che si esprimono con la erre moscia, automaticamente tenderà ad apprendere ed emulare il suono delle loro parole. Si scatena lo stesso meccanismo imitativo messo in moto nei figli che vivono con genitori sordomuti: tendono a esprimersi come chi sta loro intorno.
Si studia dal logopedista
Il nome tecnico del difettuccio è rotacismo gallico, chiamato così perché è un suono presente nell’inventario fonetico della lingua francese. Se è vissuto come un problema, si può fare per superarlo una serie di lezioni personalizzate dal logopedista. Durante gli incontri, di mezz’ora circa, lo specialista invita il paziente a far vibrare la lingua in un certo modo e a mettere in pratica alcuni esercizi fonetici con parole contenenti la erre e il gruppo tr.
Purtroppo, però, tutta la professionalità appare inutile se la persona non è fermamente determinata a voler eliminare questa piccola disabilità. Anche perché ci vuole pazienza: gli esercizi vanno praticati anche a casa. Uno dei tanti previsti dal logopedista consiste nel porre sotto la lingua il classico spazzolino elettrico per i denti, ma senza le setole. In questo modo, se il paziente durante le prime lezioni ha difficoltà a far vibrare da solo la lingua in una certa maniera, può essere aiutato meccanicamente.
In fondo è come dover allenare il cervello a una nuova lingua, come se si decidesse di imparare a pronunciare correttamente qualche fonema cinese. In genere, comunque, grazie alla buona volontà e all’impegno del paziente, nel giro di dieci lezioni, una alla settimana, la erre alla francese scompare.
Michele Avitabile – OK La salute prima di tutto
Ultimo aggiornamento: 11 febbraio 2010