Fàsciati, che si va a fare sport. Dagli eurogol di Mario Balotelli alle partite di calcetto fra amici del lunedì sera, il bendaggio funzionale tra gli sportivi – professionisti, dilettanti o amatoriali che siano – dei giorni nostri è un modo di proteggersi dagli infortuni, alleviare eventuali dolori e massimizzare l’efficacia muscolare, ma ormai anche una moda da esibire in gara e allenamento. Ecco, così, da una parte, i cerotti elastici colorati in cotone del kinesio taping e, dall’altra, le fasce a compressione muscolare, evolutesi fino a divenire capi di abbigliamento (gambali, calze, pantacalze, magliette).
I CEROTTI ELASTICI COLORATI: A COSA SERVONO?
La metodica del kinesio taping è stata messa a punto sul finire degli anni 70 da Kenzo Kase, chiropratico giapponese specializzatosi presso la prestigiosa National University of Health Sciences di Chicago, mentre sempre negli Stati Uniti le squadre di basket iniziavano ad adoperare bende adesive per proteggere soprattutto le caviglie dei giocatori. La prima apparizione internazionale di questi cerotti è avvenuta in occasione delle Olimpiadi di Seoul 1988 con la nazionale giapponese di pallavolo, ma in Italia sono divenuti noti al grande pubblico grazie al calciatore Mario Balotelli, che li ha esibiti, sfilandosi la maglietta azzurra dopo il suo secondo gol, durante la semifinale degli Europei del 2012 vinta 2 a 1 dall’Italia sulla Germania.
«Il kinesio taping», spiega Piero Volpi, responsabile di Ortopedia del ginocchio e Traumatologia dello sport dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano e del settore medico dell’Inter, «si basa sull’applicazione di particolari cerotti elastici e non medicati. Cerotti che, in pratica, seguono la lunghezza del muscolo e del tendine per supportarne e proteggerne il movimento e, tramite l’azione compressiva, favorire il riassorbimento di piccoli edemi (facilitano il drenaggio linfatico) o infiammazioni. Inoltre salvaguardano articolazioni quali ginocchio, caviglia, polso, spalla».
Insomma, permettono all’atleta di muoversi meglio, più liberamente, con meno rischi di infortuni e alleviando eventuali dolori muscolari e contratture. Ovviamente tali fasce adesive «non vanno messe sul corpo a casaccio», prosegue Volpi, «ma devono essere applicate da un terapista esperto, che abbia seguito appositi corsi». Sconsigliato, quindi, il faidate e il tenerli per troppo tempo: «Spesso vengono applicate per il tempo della prestazione sportiva e anche in ambito non sportivo hanno una durata di qualche ora, dieci o dodici. Inoltre dobbiamo tenere conto di fattori quali la sudorazione, che possono provocarne l’allentamento o il distacco, e, comunque, si devono togliere al momento di lavarsi».
Non presentano, invece, controindicazioni particolari, se non «quando la pelle non è sana, a causa di ferite ed escoriazioni», dice il traumatologo. «Fermo restando che, ovviamente, non sono la panacea di tutti i mali». Nel caso di edemi profondi o lesioni significative, quindi, occorre sottoporsi a terapie più specifiche.
LE FASCE A COMPRESSIONE MUSCOLARE: A COSA SERVONO?
Altra funzione hanno le fasce e l’abbigliamento a compressione, che, in pratica, «massaggiano» costantemente i muscoli favorendo la circolazione di sangue e quindi l’ossigenazione dei tessuti. «Durante la pratica sportiva il polpaccio si riempie rapidamente di sangue venoso, che, distante da cuore e polmoni, trova difficoltà nella fase di ascesa, contro gravità», spiega Stefano Carlini, fondatore e docente dell’Accademia Italiana Wellness.
In caso di sforzi intensi questa situazione può provocare crampi, senso di stanchezza, prestazioni sportive scarse e aumentare il rischio di lesioni muscolari. «Ecco, allora», continua il preparatore atletico, «che intervengono tali fasce, calze e pantacalze, aiutando, tramite le “pressioni” esercitate, la risalita del sangue venoso con relativa ossigenazione muscolare. E, a mio avviso, non va neppure sottovalutato l’effetto placebo che possono avere sull’atleta. Sono usate soprattutto da podisti e triatleti».
Attenzione: questi indumenti non si devono confondere con le maglie a compressione, che «hanno una funzione di preattivazione dei muscoli, per renderli più pronti all’azione motoria». Anche nel caso delle fasce a compressione, come per i cerotti elastici, il consiglio dell’esperto è quello di «tenerle per la sola durata della prestazione. Se non portate allo stremo, sono un buon prodotto, ma tenute per molto tempo possono provocare un po’ di fastidio. Ricordiamoci», sottolinea Carlini in una considerazione finale alla quale si unisce anche Volpi, «che non c’è mai niente di magico».
CREME E CEROTTI RISCALDANTI: A COSA SERVONO?
L’uso di creme e cerotti riscaldanti prima dell’attività sportiva diminuisce i rischi di infortuni. «Questi prodotti, spesso a base di sostanze vegetali (il mentolo è un classico, mentre una volta c’era il balsamo alla sifcamina)», spiega Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), «aumentano la vascolarizzazione del muscolo, facendo sì che sia meno esposto ai traumi legati al freddo o al fatto di aver ripreso bruscamente l’attività sportiva dopo una lunga pausa. Danno, inoltre, un senso di benessere, sempre che il calore non sia eccessivo».
Dopo l’allenamento o la gara, invece, sono utili in caso di contratture muscolari: «Anche per una banale lombalgia dovuta a una contrazione del muscolo legata a una postura sbagliata del corpo. Non servono, invece, per i traumi, dove c’è un’infiammazione che già di per sé provoca calore». Controindicazioni? «Non ci devono essere lesioni sulla cute, perché altrimenti diventano irritanti. E una reiterazione dell’uso, che deve essere di un giorno o due al massimo, può causare ustioni».
Marco Ronchetto – tratto da OK Salute e benessere marzo 2016
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